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I Chodor (Seconda Parte) Stampa E-mail

(vai alla prima parte)

La Struttura

Gli orditi dei Chodor utilizzano generalmente un filato ritorto a "Z2s" a tinta naturale marrone o grigia di lana di capra o, in alternativa, lana di cammello (anch'essa al naturale), o una miscela di tali filati. Le trame sono generalmente passate in un doppio ricorso, di lana non tinta di capra, cotone, cammello, o un miscuglio di essi. La maggior parte dei Chodor hanno un filo di cotone nelle trame, spesso associato ad un filo di lana marrone, ma in altri casi si riscontrano entrambi i fili in lana, o entrambi in cotone. I bordi dei tappeti sono rifiniti con un'area piatta, di solito composta da quattro ralinghe di ordito avvolte con peli di capra o di lana, colorate alternativamente con due colori. I nodi sono sempre asimmetrici (senneh), aperti a destra.

La Colorazione

Generalmente, nei Chodor vengono impiegati tra i cinque e i sette colori, per lo più in tonalità scure, tranne che per le tonalità vivaci dei rossi e dei bianchi. Secondo Moshkova, nel suo "Tappeti dei popoli dell'Asia centrale", le tessiture Chodor tendono ad usare un gran numero di tonalità di blu, bianco per il fondo della bordura principale, e per i disegni in diagonale. La caratteristica più evidente della vecchia manifattura dei tappeti Chodor inoltre è l'uso di quella particolare tonalità di viola scuro, vero marchio di fabbrica della scuole tessile.

La Datazione

In via preliminare, occorre rilevare un punto di polemica circa la datazione dei pezzi Chodor. Pezzi da collezione turcomanni sono tipicamente datati entro un raggio di 100 anni, a partire dal secolo XIX e fino agli inizi del XX. Nel suo articolo pubblicato su Hali, tuttavia, Kurt Munkácsi sfida la presente convenzione, almeno per quel che riguarda i Chodor. Basandosi sulla correlazione tra i pezzi e ciò che sappiamo circa le migrazioni dei Chodor, Munkácsi ritiene che questo periodo dovrebbe essere esteso indietro agli inizi del XVIII secolo.

Mackie e Thompson usano invece il colore per distinguere le tessiture più recenti, dalle altre. Il più antico gruppo di manufatti, che Mackie e Thompson hanno denominato "proto-Chodor", "hanno un colore del campo realizzato con un viola molto profondo e carico, il rosso è chiaro, forte e tendente all'arancione o addirittura all'albicocca e spesso presentano una verde intenso o un azzurro-verde insieme al giallo chiaro. I pezzi più recenti invece, che risalgono alla seconda parte del XIX secolo ed alla prima parte del XX, hanno campi colorati con un porpora chiaro o un viola molto scuro, un delicato rosso chiaro e un blu verde, in aggiunta all'onnipresente blu carico, con piccoli elementi colorati in giallo e contorni dei disegni in marrone. Alcuni pezzi presentano anche "verde fango". Il resto dei Chodor, appartenenti al "medio periodo" hanno un campo viola scuro e un rosso cupo. Il verde ed un colore simile all'acquamarina può, occasionalmente, essere presente. Inoltre, negli esemplari "Ertmen Gul" antichi, i Guls di solito sono realizzati in quattro colori diversi.

Bisogna inoltre tener presente che anche la qualità del manufatto è molto importante. Secondo Mackie e Thompson, gli esemplari più vecchi presentano un vello realizzato con una lana di  migliore qualità rispetto a quelli più nuovi, che anzi spesso mostrano anche una realizzazione scadente, con imprecisioni e slabrature. Va considerato anche che, per quanto riguarda gli "Ertmen Gul", il disegno a zig-zag del reticolo che circonda i Gul, può essere anch'esso rilevante ai fini della datazione dei Chodor. Munkácsi sostiene che la forma più antica del reticolo è quella più semplice, con il bordo dei Gul che procede a zig-zag un po' come un fulmine. Quelli appena più recenti, sono caratterizzati dalla presenza di contenitori negli zig-zag. Nel corso dell'ultima tappa dello sviluppo del reticolo, i contenitori diventano pieni di fiori, mentre il reticolo stesso non ha più il bordo dentellato, che invece è quasi diventato un traliccio di sostegno ai fiori.

La letteratura manda segnali contrastanti per quel che riguarda la datazione dei pezzi in base alla struttura ed alla presenza di cotone nella trama. In "Porte di Chodor", Loges afferma che le vecchie tessiture Chodor non utilizzavano cotone nella fondazione. Munkácsi, da parte sua, ritiene che la quantità di cotone fornisce un'indicazione del luogo e, di conseguenza, il periodo della tessitura. Resta comunque intatto il fascino che questi manufatti regalano anche oggi a chiunque abbia la fortuna di poterli ammirare.

Liberamente tradotto da Turkotek

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I Chodor (Prima Parte) Stampa E-mail

 

I Chodor sono una tribù turcomanna che ha dato il nome ad una particolare varietà di tappeti e tessili, estremamente ricercati da amanti e collezionisti per la loro rarità e il fascino che emanano.

Qui di seguito troverete una descrizione di alcune caratteristiche di base della tessitura dei Chodor, basata sui disegni, la struttura, i colori e le tinture. Abbiamo anche incluso alcune informazioni sulla datazione dei pezzi.

Il Disegno

 

 


 Gul Tauk Nuska

Come con altri tessuti turcomanni, le caratteristiche standard di progettazione nei lavori Chodor variano a seconda della natura della tessitura. Se infatti il manufatto da eseguire deve essere una sella, o magari una torba o anche un tappeto da sala (anche detto "Main Carpet" o "Tappeto Principale"), le modalità di lavorazione e i disegni possono avere diverse sfumature di progettazione.

Per i "Main Carpets" i Chodor utilizzano il Gul "Tauk nuska" come Gul preferito. A volte viene invece scelto il Gul "Ertmen", che è forse il motivo più rappresentativo della produzione Chodor; altre varianti includono invece il motivo "ak su".

 

 

 Gul Ertmen

 

 

 

 Gul Ak Su

 

Negli esemplari che non presentano il Gul Tauk nuska, spesso i gul sono fissati in una sorta di un reticolo senza però la caratteristica griglia tipica dei tappeti turcomanni.

I Chuvals, le torba e le bardature mostrano in genere una serie di motivi, tra cui il "kejebe" (Foto 4) e il "Gul chuval". Il motivo più comune, tuttavia, è il Gul ertmen. La presenza di questo Gul però non è indice certo di una attribuzione Chodor, in quanto tale motivo viene utilizzato anche dagli Yomut. Si deve quindi guardare alla struttura e alla tavolozza dei colori, per distinguere gli Yomut dagli "ertmen Chodor".

Si possono individuare quattro categorie di Ertmen Gul tra le varie tessiture Chodor. Ogni gruppo ha le sue caratteristiche distintive, descritte di seguito:

 

 

 Kejebe

 

Gruppo 1: Gul a barre blue

Questi sono caratterizzati da una fascia verticale di Gul blu, appunto, posta tra le altre teorie di gul, caratterizzata da punte in alto e in basso e un disegno centrale uncinato; verso il centro poi, questi gul presentano "ashik" o dentellature, tipiche ad esempio anche dei Yamoud; il campo centrale è spesso occupato dal rosso o dal bianco e i laterali del campo centrale finiscono con quattro metà di gul blu che si appoggiano alla bordura. I gul blu inoltre, posso spesso presentare due tonalità di colore, mentre le trame fanno un più largo uso di cotone rispetto agli altri tipi di chodor. E' evidente una maggiore somiglianza con i Yamoud (o Yomut).

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Gruppo 2: Gul blu a stelle

Sono caratterizzati da gul piuttosto allungati con al centro delle stelle ad otto punte, che contengono a loro volta un rettangolo con un diamante al centro. Il disegno del campo centrale dei "chuval" ha sempre tre Gul blu completi, con il Gul centrale blu circondato da Gul rossi e bianchi, che spesso contengono delle forme animali (più frequentemente uccelli). Circa la struttura, i Gul a stelle blu presentano spesso trame colorate, senza depressione degli orditi, ed una palette di colori che verte sui marroni e sui viola.

 
 

Gruppo 3: Gul "no blu"

Come fa capire il nome, questi Chodor non presentano gul a colore blu, bensì solo quelli bianchi e rossi, a creare un disegno a matrici diagonali. Il blu viene invece utilizzato per delimitare i gul stessi, o in piccoli elementi interni dentellati "ashik" riprodotti. Non presentano molte influenze Yamoud, e hanno quasi sempre trame in lana.

 
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Gruppo 4: Gul blu allungati

Presentano appunto dei gul blu allungati, inframezzati da gul rossi e bianchi alternati, all'interno dei quali sono spesso ben riconoscibili forme animali. Questi Chodor sono spesso tra i più fini, in quanto per eseguirli viene usata lana estremamente pregiata ed una densità di annodatura molto alta. Il blu dei gul principali è sempre vivido, chiaro, mentre le bordure principali mostrano il disegno "kochanak

 

 

 

 

 

Motivo Kochanak

 

Gruppo 5: Chodor Ensi

Sono relativamente rari. La stragrande maggioranza di esempi pubblicati rappresentano il classico pannello di quattro "hatchli" che caratterizzano gli Ensi turcomanni. La barra verticale che divide il campo ha spesso in cima, e talvolta anche dove si incontra con la barra orizzontale, un triangolo direzionale con un "kochak". Inoltre, il campo della stragrande maggioranza degli esempi pubblicati presenta un disegno con alberi "ashik" dentellati colorati, posti in diagonale, che contengono a loro volta un elemento floreale. Molti esempi pubblicati presentano animali nelle bordure inferiori. (foto 13)

 

 

 

 Ensi turcomanno

 

 Ensi turcomanno con Kochak

 

 

 

 
 Ashik Ensi ad animali

 

Liberamente tradotto da Turkotek

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I Tappeti Lotto Stampa E-mail

fonte TappetiMagazine - Autore Paolo

I tappeti noti come “Lotto” costituiscono forse la tipologia di tappeti anatolici classici che ebbe maggior successo in Europa, o almeno quella di cui si sono conservati il maggior numero di esemplari (ancora oggi ne esisterebbero nel mondo oltre cinquecento) e che è stata più riprodotta nella pittura europea a partire dagli inizi del ‘500. Sono infatti note oltre ottanta raffigurazioni pittoriche, che non solo forniscono elementi preziosi per la datazione dei tappeti ancora esistenti, ma documentano con precisione l’uso dei tappeti orientali all’epoca in cui furono riprodotti.

Nel corso del tempo, questo tipo di tappeto è stato denominato dagli studiosi in modi assai diversi: “dell’Asia Minore”, “tappeto dei pittori”, “Holbein”, “Holbein tipo II”, “Ushak ad arabeschi”, “a griglia”, ma la definizione tuttora più utilizzata è quella che prende il nome dal pittore Lorenzo Lotto (Venezia 1480 - Loreto 1556 circa) benché egli l’abbia ritratta solamente due volte in circa duecentocinquanta opere. Oltre a questi, Lotto ha raffigurato anche altri tappeti, tra cui quelli cosiddetti “a rientranza” o “a buco di serratura”, comunemente noti col nome del pittore Bellini.

Curiosamente Lotto è l’unico tra i pittori rinascimentali di cui sia documentata la proprietà di almeno un tappeto anche se non è dato sapere quale disegno avesse. La prima raffigurazione conosciuta di un tappeto Lotto è nel “Ritratto del cardinale Bandinello Sauli, il segretario e due geografi” opera di Sebastiano del Piombo del 1516, oggi alla National Gallery di Washington.

 

 

Tappeti di questo tipo compaiono successivamente anche nei quadri di altri pittori italiani e in dipinti di scuola portoghese, fiamminga, olandese, inglese, ma anche nella pittura ungherese di catafalco del XVII secolo.

 

Lotto del XVII secolo

La prima raffigurazione di Lorenzo Lotto è nella ”Elemosina di S. Antonio Pierozzi di Firenze” del 1542, nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia. La seconda è nel “Gruppo di famiglia” del 1547, che si può ammirare alla National Gallery di Londra.

 
 

 

I Lotto sono caratterizzati da una composizione modulare continua a formare una griglia ad arabeschi in varie tonalità di giallo contornata di nero, su fondo rosso, circondata in origine da una stretta bordura.

Le varianti cromatiche sono rarissime: si conoscono alcuni esemplari con le decorazioni in blu e verde o con il fondo blu o nero.

Alcuni di questi tappeti hanno in un angolo lo stemma nobiliare di famiglie europee (per esempio la famiglia genovese Doria-Centurione) che li commissionarono in Oriente. I primissimi studi propendevano per un’origine vegetale del motivo decorativo: “Accanto alle figure ornamentali così tipicamente scalettate , è possibile cogliere anche delle ramificazioni a tralcio, elementi vegetali, dunque, che in seguito alla stilizzazione... appaiono però privi di qualsiasi carattere naturalistico” (Riegl 1891).

Attualmente si ipotizza per i Lotto, così come per gli Holbein a disegno piccolo, una diretta derivazione dai motivi tradizionali dei popoli turchi dell’Asia centrale filtrata dalla raffinata sensibilità dei laboratori vicini alla Corte Ottomana.

La classificazione corrente dei Lotto è stata proposta nel 1975 dallo studioso ed esperto americano Charles Grant Ellis in funzione del disegno del campo, che prevede tappeti Lotto in stile “anatolico”, più classico ed elegante;

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in stile “kilim”, con profili degli ornamenti particolarmente geometrici e seghettati;

 
 e in stile “ornato” caratterizzato da riccioli ad uncino.

Ellis sosteneva che solo il primo gruppo fosse di provenienza anatolica (precisamente dalla regione di Konya, Ushak o simili) mentre per gli altri due indicava come zona di produzione i territori europei dell’Impero Ottomano ed in particolare la Valacchia.

Oggi gli studiosi sono pressoché unanimi nell’assegnare questa tipologia all’area di Ushak, storico centro di produzione nell’Anatolia occidentale.

I Lotto sono realizzati interamente in lana; l’ordito è in lana di colore naturale avorio, mentre la trama è solitamente di colore rosso.

La densità di annodatura varia da circa 500 a 1500 nodi per decimetro quadrato; la maggior parte degli esemplari si colloca nell’intervallo 700-800 per decimetro quadrato. Il 95% circa dei Lotto presenta lazy lines sul retro.

Questi tappeti, al pari di altre tipologie anatoliche coeve, sanciscono il definitivo distacco dai precedenti canoni decorativi a figure d’animali.

Secondo Volkmar Gantzhorn le nuove iconografie sarebbero state la risposta dei produttori di tappeti all’utilizzo nelle chiese di velluti, broccati e applicazioni, una moda diffusa in Europa dal XV al XVII secolo. L’affermazione sorprende, perchè non è chiaro il motivo per cui le manifatture dovessero tenere conto delle mode decorative delle chiese europee, ma diventa comprensibile considerando che Gantzhorn, sulla base dei motivi di bordura, attribuisce i Lotto non solo a centri di produzione dell’Anatolia centrale, occidentale e sud-orientale, ma anche all’Italia, alla Grecia e all’Europa orientale.

Gli esemplari più antichi risalgono alla fine del ‘400 e la produzione si estenderà per un arco di circa due secoli e mezzo; la maggior parte degli esemplari risalgono al XVI secolo e soltanto pochi pezzi al XVII.

I primi esemplari mostrano una stretta bordura “cufica”, mentre il bordo a cartigli e il motivo a “fascia di nubi” compaiono all’inizio del XVII secolo.

Poiché la tipologia nasce negli ateliers che facevano riferimento alla Corte, i Lotto più antichi sono generalmente di grandi dimensioni (fino a 5 metri di lunghezza). Le copie tarde, magari realizzate su telai di villaggio, sono dimensionalmente più piccole; la cornice, inizialmente piuttosto stretta in rapporto alla larghezza del campo, si allarga acquistando anche ornamentazioni floreali, e il disegno nel campo appare talvolta irrigidito, impreciso e asimmetrico.

Anche la densità di annodatura, scende progressivamente anche a meno di 500 nodi per decimetro quadrato. Gli esemplari più antichi sono in stile “anatolico”, mentre quelli in stile kilim e ornato arrivano ad una più larga diffusione intorno alla fine del ‘500.

Il successo riscosso da questo peculiare impianto compositivo a griglia ad arabeschi è testimoniato anche dalla realizzazione in Inghilterra di copie molto fedeli dell’originale anatolico, eseguite verso la fine del ‘500 con ordito in canapa e vello in lana.

Anche oggi questo modello è stato ripreso da alcune manifatture.

 

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Riferimenti bibliografici.

Brancati LE. Questioni sul tappeto. Allemandi, 1998.
Ellis CG. “Lotto” patterns as a fashion in carpets. In: Festschrift für Peter Wilhelm Meister, Hamburg, 1975.
Ellis CG. Oriental carpets in the Philadelphia Museum of Art. Philadelphia, 1988.
Eskenazi JJ. Il tappeto orientale. Allemandi, 1987.
Gantzhorn V. Il tappeto cristiano orientale. Taschen, 1991.
Ionescu S. Antichi tappeti ottomani in Transilvania. Verducci, 2005.
Klose C. I tappeti di Fontaine-Chaalis. In: Ghereh 2002, 2.
Mills J. “Lotto” carpets in Western paintings. In: Hali, 1981, 3.
Riegl A. Antichi tappeti orientali. Quodlibet, 1998 (trad. italiana a cura di A. Manai di: Altorientalische teppiche. Lipsia, 1891).
Sabahi T. L’arte del tappeto d’oriente. Electa, 2007.
Schoeser M. Tessuti del mondo. Skira, 2003.
Zipper K, Fritzsche C, Jourdan U. Tappeti orientali. Turchi - turcomanni. Fabbri, 2000.

 
Falsi sconti e vere "fregature"....le "10 Regole". Stampa E-mail

 

Da una quindicina di anni a questa parte, il mondo del tappeto Orientale, più che tutti gli altri ambiti del commercio, sia esso di basso, medio o alto livello, è stato aggredito da modalità di vendita che definire di "concorrenza sleale" è riduttivo: mercanti improvvisati, spesso poco più che imbonitori di bassa lega, cominciarono a far leva sulle smanie affaristiche di clienti sprovveduti, per pubblicizzare svendite e saldi, con sconti a dir poco risibili.

Ma partiamo dall'inizio: ....perchè non credere a questi "regali"?

Va innanzitutto tenuto presente che, per definizione, il "saldo" o la "svendita" si opera su prodotti "fuori moda" o che comunque risentono del cambiamento del gusto e dello stile e, che per questo, perdono interesse e quindi valore. A riprova di ciò, basti pensare al mercato di riferimento nel quale sono nati e si sono sviluppati i saldi: Il mercato dell'abbigliamento e delle calzature. Con l'affermarsi della "moda" e dei disegnatori di moda, che con sempre maggiore frequenza cambiano e dettano lo stile del "vestire", il mercato e i distributori avevano la necessità di smaltire rimanenze di magazzino che, altrimenti, proprio perchè fuori dai canoni estetici dell'anno a venire, diventavano invendibili.

Il mercato dei tappeti, così come quello dell'antiquariato, non ha questo problema! Se infatti una galleria ha oggi a magazzino un Kashan, nel momento in cui lo vende, comprerà un altro Kashan, magari più bello o più brutto, più o meno fine, più o meno costoso, ma qualcosa di non molto diverso dal precedente, proprio perchè il gusto e lo stile del Tappeto Orientale è rimasto pressocchè immutato nel corso dei decenni.

E' vero: esistono produzioni nuove, che tendono a fornire nuovi spunti e stili, ma comunque nel solco della tradizione, e comunque in aggiunta e non in sostituzione al mercato tradizionale. E' anche vero che per favorire un ricambio di magazzino, si può accettare di vendere un prodotto ad un prezzo leggermente inferiore a quello di mercato, ma è stupido pensare che lo si possa fare a prezzo di costo o, addirittura, SOTTOCOSTO! Non avrebbe senso, e tutt'oggi ancora ci meravigliamo della creduloneria di persone che pensano di essere furbe, e cadono in tranelli talmente assurdi, che fanno dubitare della loro stessa intelligenza e scaltrezza.

Ma allora....cosa sono questi continui sconti e svendite che molti negozianti operano sui tappeti?

Sono IMBROGLI! Raggiri belli e buoni che fanno leva sull'ignoranza del pubblico e, spesso, anche sulla voglia di molti clienti di fare "l'affare", magari convinti di essere più furbi del venditore, o peggio, pensando di approfittarsi di un momento di difficoltà del negoziante.

La media della clientela di un negozio di tappeti o di antiquariato, è formata da persone che in molti casi non hanno la minima idea di cosa sia e come sia fatto un tappeto; nel migliore dei casi, molti clienti si credono "esperti" solo perchè hanno ascoltato per ore le FANDONIE che gli imbonitori televisivi propinano a tutte le ore del giorno e della notte dalle varie TV. L'unica verità è che quando si arriva in un negozio di tappeti, si ha solo un'infarinatura di nomi e prezzi, senza alcuna connessione tra loro, e peggio ancora, senza alcuna cognizione di causa e conoscenza reale dei prodotti. Di fronte a certe persone, per un venditore disonesto è facile far credere che un Nain, magari Tabas, abbia un prezzo di partenza di uno Shish-la di alta scuola, e che poi questo venga scontato del 60%, per arrivare ad un prezzo finale che è ancora di un buon 20% superiore al prezzo reale dell'oggetto!

Abbiate presente che spesso chi opera questi "sconti", per avere un certo seguito deve pubblicizzarli! Anche molto! Cartelloni agli angoli delle strade, pagine e pagine di quotidiani e riviste, volantini, cataloghi, sono tutte cose che hanno costi anche molto elevati....Costi che si vanno ad aggiungere al prezzo del tappeto! Per cui spesso, il miglior affare che si può fare andando a comprare da questi turlupinatori, è comprare un oggetto al reale valore di mercato, con in più però, la certezza di essere stati presi in giro, facendoci credere di acquistare un prodotto dal valore molto più elevato.

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La Garanzia

Un discorso parallelo va fatto per la "garanzia" che spesso viene pubblicizzata per convincere i più riluttanti: come qualunque documento, è basilare comprendere ed aver fiducia del redattore; Un assegno bancario firmato da un truffatore è un semplice pezzo di carta colorato, che una volta presentato nei vari istituti, non darà alcun credito...se invece quello stesso assegno è firmato da una persona onesta, quel pezzo di carta si tramuta in denaro contante una volta che viene incassato.

Stesso discorso vale per le garanzie: Tutti questi imbonitori da strapazzo, non hanno alcun timore a scrivere cose inventate, soggettive o parzialmente vere, magari mascherandosi dietro a sigle e lettere puntate, che se contestate, vengono in soccorso del venditore stesso. Una volta mi capitò di assistere in qualità di Consulente Tecnico del Tribunale, ad una diatriba circa una garanzia di un "venditore" che aveva propinato una volgare imitazione indiana (tra l'altro di bassissima qualità) per Tabriz; bene, di fronte alla contestazione, il truffatore fece notare al cliente che c'era una piccola "D" puntata, scritta a lato, che stava a significare "Disegno Tabriz". 

Affari e Rivalutazione

C'è poi chi pensa di acquistare un tappeto (magari antico) col solo scopo di speculare, realizzando forti guadagni in poco tempo: chi parte in questo modo, è decisamente fuori strada. In genere si tratta di un'illusione che colpisce i neofiti, che credono di «fare un affare» comperando un esemplare ad una di queste pseudo-svendite per poi rivenderlo al prezzo di mercato, magari a qualche gallerista.

Si tratta, appunto, di un'illusione: il valore dei tappeti è ben conosciuto dagli addetti ai lavori, e nessun mercante inserirebbe in una svendita un manufatto di valore elevato. Se invece si pensa al tappeto antico come forma di investimento con un orizzonte temporale di 5-10 anni, la soddisfazione per aver acquistato un bell'esemplare si unisce spesso a quello di una rivalutazione consistente.

La prima regola da seguire, però, è proprio quella di acquistare un tappeto solo se piace davvero: in caso contrario, come spesso accade ai collezionisti che si vogliono liberare di un pezzo sgradito, si finisce con lo svendere perdendo denaro rispetto alla cifra iniziale.

La possibile rivalutazione del tappeto è legata a molti fattori: qualità, reperibilità sul mercato e, in qualche raro caso, soprattuto per le nuove produzioni, moda. Ma l'elemento più importante riguarda la deperibilità del tappeto: ogni anno, a causa delle cattive modalità di conservazione o di banali incidenti domestici che provocano strappi o macchie indelebili, si registra una lenta ma costante riduzione dei manufatti disponibili per la vendita, con il secondario effetto di un progressivo incremento dei prezzi, visto che l'offerta fatica sempre più a soddisfare una domanda crescente sul mercato europeo e americano.

Buona norma dunque, è seguire le "dieci regole":

  1. Si devono acquistare i tappeti che piacciono davvero: mai comperare un esemplare solo per il valore economico;
  2. Prima di scegliere il tappeto si deve scegliere il gallerista, privilegiando chi offre le massime garanzie;
  3. Preferire gli esemplari più rari, belli da un punto di vista estetico, con pochissimo restauro. Occorre ricordare che sui pezzi antichi il restauro ha spesso una funzione conservativa e serve per mantenere integro il tappeto. La percentuale restaurata non dovrebbe superare il 5% del totale del tappeto;
  4. Non inseguire i nomi famosi e i periodi storici: quello che conta è la qualità;
  5. Tenere sempre presente che il tappeto può essere una forma di investimento interessante, ma non è mai una speculazione;
  6. Evitare chi propone sconti elevati sui tappeti: un gallerista serio si riserva in genere un margine che va dal 10% al 20% rispetto alla richiesta iniziale;
  7. Evitare le svendite al 70-80%, che purtroppo infestano il nostro Paese. Si trovano solo manufatti di bassa qualità, che in effetti valgono il prezzo che si paga una volta calcolato lo sconto;
  8. Esigere sempre una garanzia scritta e dettagliata, meglio se con foto per i tappeti più importanti, indicante provenienza, dettagli e caratteristiche del tappeto. Ricordarsi che termini come "splendido", "eccezionale", "extra" e così via, sono soggettivi e privi di valore pratico;
  9. In qualche caso il venditore garantisce il riacquisto del tappeto a un prezzo almeno pari a quello pagato (se riportato nelle stesse condizioni). È un elemento in più che depone a favore della serietà del gallerista;
  10. Se non si è pienamente convinti chiedere una perizia indipendente che certifichi il valore reale del tappeto;

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Qualche mito da sfatare

Nell'immaginario collettivo riguardante il mondo dei Tappeti Orientali, esistono poi alcune "certezze" che non hanno assolutamente nulla di "scientifico" e reale. Le più comuni sono le seguenti:

  1. Tutti i persiani conoscono bene i tappeti: E' FALSO! E' come dire che tutti gli italiani conoscono l'arte e la lirica. Ci sono persiani studiosi dei tappeti, altri che sono commercianti, con una conoscenza "normale" del mondo dei tappeti, spesso limitata alle manifatture più recenti, altri (la maggior parte) che non ne sanno assolutamente nulla!
  2. I Tappeti Persiani valgono di più: E' FALSO! Benchè il mondo del tappeto orientale, soprattutto nel nostro paese è stato da sempre associato alla Persia, esistono tappeti persiani scadenti ed altri che sono delle vere e e proprie opere d'arte, così come esistono tappeti eccellenti relizzati nel Caucaso, in Cina, in India, in Turchia e (a macchia di leopardo) un po' in tutto l'Oriente, e tappeti decisamente brutti e poco interessanti, realizzati in tutti questi paesi.
  3. I tappeti "fini" valgono di più: E' FALSO! Ci sono tappeti, come i Serapi, i Bakhshayesh, i Kazak e tanti altri, che non hanno un nodo molto fine e definito, ma sono tra i più costosi e ambiti dai collezionisti. La densità di annodatura e la finezza dell'esecuzione è solo uno dei parametri che indica il valore totale di un tappeto. Tra l'altro, in molti tappeti antichi, questo parametro non viene praticamente preso in considerazione, mentre contano molto di più caratteristiche di rarità, particolarità del disegno, tecniche esecutive e, sempre, qualità delle materie prime utilizzate.
  4. Un tappeto di "nome" è sicuramente buono: E' FALSO! I tappeti prendono il nome, in genere (tranne pochi casi) dalla città o dall'area di provenienza; ma dire che siccome i Kashan (ad esempio) sono tra i migliori tappeti, allora tutti i Kashan sono ottimi tappeti...è un'eresia! Sarebbe come dire che siccome Napoli è famosa per i sarti da uomo, se compro una giacca cucita a Napoli, ho di sicuro un prodotto di "alta sartoria", mentre invece posso comprare una giacca, magari realizzata a Napoli da una qualunque "sartina" di terza categoria, senza alcuna velleità di alto taglio e/o cucitura. Esistono quindi Isfahan di qualità e altri decisamente scadenti, così come Tabriz, Qum, Nain, Kirman, e chi più ne ha, più ne metta.

Le Aste

Un altro grande rischio per chi decide di comperare un tappeto sono le aste. Non quelle dei grandi nomi come Sotheby's o Christie's, ma le tante aste minori che in estate si svolgono un po' ovunque nelle località di villeggiatura.

Qui, con la roboante promessa della vendita all'incanto di tutti gli arredi della villa di una ricca famiglia, vengono assai spesso proposti anche tappeti di bassa qualità. Più o meno dello stesso livello riscontrabile nelle svendite più selvagge.

Ci possono essere, nel mucchio, anche pezzi abbastanza interessanti; Mai però i capolavori: nessuno rischierebbe di mettere in vendita in un'asta di scarso richiamo un tappeto destinato a spuntare qualche decina di migliaia di euro o di dollari a Londra o New York. Quindi, se si decide di provare a comperare, è bene seguire alcune regole:

Esame preliminare: come prima cosa cercate di esaminare nell'esposizione prima dell'asta i tappeti che potrebbero interessarvi. Mai fidarsi di quello che credete di vedere da cinque o dieci metri di distanza, o di quello che sentite dire dal banditore. Le parole non sono un certificato di garanzia e solo le grandi case d'asta, nel loro regolamento, garantiscono l'autenticità dei pezzi proposti.

Limite di spesa: Fissate per ogni tappeto un vostro prezzo massimo oltre il quale non volete andare, senza dimenticare che rispetto al valore battuto occorre aggiungere il diritto d'asta (che in genere oscilla tra il 16 e il 33%). In caso contrario il rischio è quello di farsi trascinare dall'entusiasmo, inseguendo a caro prezzo un tappeto che viene richiesto da più compratori.

L'offerta: Prima di fare una vostra offerta aspettate che vengano battuti un po' di pezzi. Facendo attenzione potreste accorgervi, per esempio, che ci sono in sala persone che rilanciano sempre ma non comprano mai. Talvolta, è bene saperlo, nelle aste poco oneste ci sono finti compratori che lavorano in accordo con il battitore per far salire le offerte: state certi che in questo caso, raggiunto il prezzo voluto, l'ultima offerta sarà sempre la vostra.

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Riconoscere i Tappeti e i Tessili Antichi (2° parte) Stampa E-mail

 

fonte TappetiMagazine - Autore Kailash

Ho asserito che la maggior parte dei tappeti e dei tessili antichi che ci sono in commercio appartengono al XIX secolo, da tutta questa fonte di esemplari si possono trarre diversi accorgimenti per cercare di analizzarli e capirne il loro fascino.

Personalmente quando analizzo un esemplare antico, oltre ad esaminare tutti gli aspetti tecnici, stilistici, storici, conservativi e quant'altro serva a comprendere che l'oggetto sia autentico, guardo all'aspetto emozionale che mi trasmette l'oggetto; se è "giusto", entra una certa simbiosi tra l'osservatore e chi è osservato, che è difficile spiegare a parole, ma che è come una scintilla che ti fa capire che quello è il pezzo giusto.

Tante volte se lo si sa guardare è l'oggetto stesso che ci fa capire che è autentico, che ha un anima, che è figlio di quei popoli che l'anno creato, perché il fascino del tempo passato con tutti i suoi contenuti che vanno al di la di tutti gli altri aspetti è irriproducibile anche per un buon falsario.

Ma torniamo all'analisi tecnica, se noi vogliamo comprare un tappeto antico appartenente ad una determinata area geografica, dobbiamo avere bene in mente ciò che andremo a valutare e per far questo bisogna averne avuti tra le mani tanti di tappeti.

Ripeto, una buona immagine non sempre ci dice che cosa stiamo osservando. Se avete intenzione di comprare tappeti o tessili antichi selezionate il venditore, deve essere attendibile, conosciuto ed affermato nel mercato dell'antiquariato tessile, e comunque anche se è un privato, deve rilasciare determinate garanzie, come ad esempio un minimo di documentazione storica, meglio di tutto una perizia, che accerti la provenienza dell'oggetto, e se non ha niente da temere, che accetti l'eventuale restituzione del manufatto.

Per iniziare un'analisi tecnica, si parte esaminando quali materiali si sono usati, (lana, cotone, seta, lino, tanto per citare quelli più usati) come sono stati eseguiti ordito e trama e come sono stati filati, (se manualmente o meccanicamente) se è stato usato un telaio orizzontale o verticale. Andremo poi ad analizzare il pelo costituito dai nodi che avvolgono gli orditi e che solo per facilitarne la distinzione sono solitamente di tipo simmetrico ed asimmetrico, in realtà poi si aprono discussioni più complesse sul tipo di nodo e ci vorrebbe molto più tempo per analizzarlo. La tridimensionalità costituita da ordito, trama e pelo ci danno importantissimi indizi per poter assegnare con una certa probabilità l'area di provenienza dell'oggetto e la sua epoca. Ogni esemplare antico ha determinate caratteristiche che in un determinato periodo storico rimangono le stesse evolvendo lentamente verso altri modelli, o scomparendo improvvisamente. La costruzione degli orditi, il passaggio delle trame fra i nodi ed i nodi stessi sono la prima chiave di lettura di un esemplare antico.

Altre considerazioni da farsi, sempre per quello che attiene l'analisi tecnica, è la formazione delle parti perimetrali del tappeto, formate da cimose laterali e testate, anch'esse molto importanti per poter attribuire con maggior precisione l'attribuzione geografica e storica del tappeto.

Parliamo di cimose e di frange, anch'esse costruite in svariati modi in relazione alla provenienza geografica ed etnologica. Molte volte le parti perimetrali sono ricostruite, perché soggette ad usura. Osservatele molto bene e con una mano sul rovescio sentite se ci sono dei dislivelli; se si, vuol dire che sono stati congiunti orditi e trame vecchie con quelle nuove per la ricostruzione. Se ben fatto, il lavoro ridà corpo al tappeto, ne preserva l'usura e il valore economico.

Purtroppo molto spesso questi particolari di ricostruzione delle parti perimetrali vengono eseguiti in modo grossolano, non rispettando le tecniche di lavorazione antiche compromettendo il valore stesso del tappeto. Alcune volte i tappeti vengono tagliati e ridotti e le parti perimetrali vengono applicate e cucite e non ritessute.

Disegni e colori sono importantissimi elementi che ci danno indizi per dare un giudizio sull'origine di un certo modello stilistico, per apprezzare la “palette” cromatica e il valore artistico di tutta la composizione. Il colore oltre alla composizione è fondamentale per certe attribuzioni, ed è l'elemento principe che va a toccare intimamente la percezione del nostro occhio e fa si che determinati tappeti con analoghi disegni si distinguano nettamente dagli altri determinandone dei veri e propri capolavori. I colori sino a circa il 1870 sono ancora per la stragrande maggioranza di origine naturale. Sugli esemplari antichi spiccano i colori primari (rosso, blu, giallo) ottenuti da tinture di origine botanica od animale e tutte le sfumature che ne possono derivare, oltre ad un raro color melanzana, un giallo intenso e luminoso ottenuto con lo zafferano ed un bel verde intenso, che ottenevano i maestri tintori di indaco mischiandolo alle varie tonalità di giallo.

Nei tappeti che presentano colorazioni naturali, tra dritto e rovescio il colore rimane ben saturo e quasi mai "sbava", mentre per esemplari lasciati fortemente esposti alla luce o per la presenza di colori all'anilina il rovescio appare più scuro del diritto ed anche i colori possono sbavare. Nei tappeti che presentano colori saturi ma duri e fissi i coloranti sono al cromo o ad altra base chimica. Per comprendere bene questi aspetti analizzate il nodo sulla superficie e al suo interno e capirete. Sull'uso del colore nell'antichità si rimanda a testi specializzati, essendo vasto l'argomento.

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Ricercare i segni del tempo

Per prima cosa, assicuratevi che orditi e trame non siano marciti, che il tappeto non “canti”altrimenti rischiate di ritrovarvi con un vetro rotto. Poi analizzate la cosi detta “patina”, è difficile da riprodurre e ad un occhio esperto è difficile che sfugga, da una certa aurea a tutto l'insieme. I restauri, analizzateli molto bene e cercate di capire se sono d'epoca o recenti, se sono stati fatti per preservare il tappeto o se sono stati eseguiti apposta per rendere più antico e prezioso lo stesso. Solitamente sono facili da scoprire, sul diritto se ben eseguiti alle volte sfuggono, ma sul rovescio si riescono a trovare, perché è difficile anche per un ottimo restauratore riprodurre lo stesso materiale, lo stesso nodo, la stessa angolazione, la stessa distanza delle trame, la stessa tensione delle lane, pochi ci riescono, ed i restauri perfetti oggi si fanno solo quando ne vale la pena, visto gli alti costi.

L'analisi del restauro sui tappeti e sui tessili antichi avrebbe bisogno di un capitolo a parte per poter esser ben spiegato.

Comunque gli esemplari antichi troppo rovinati non sono convenientemente restaurabili, costa troppo. Si preferiscono eseguire interventi conservativi. Il restauro vale la pena farlo se incide tra un 5 e massimo il 10 % della superficie da restaurare, oltre infatti snaturerebbe l'originalità e farebbe precipitare il valore economico.

Osservate il diritto, gli esemplari antichi hanno il pelo morbido, vellutato, liscio, non vi sono filamenti nel nodo, così come il rovescio, i nodi sono lisci e schiacciati. Le linee perimetrali sono ancora una buona indicazione di originaria primitività dei tappeti di origine nomade, se i tappeti hanno forme troppo rettangolari c'è il sospetto che siano stati eseguiti in laboratorio.

Altri aspetti da analizzare si imparano con l'esperienza, l'odore della lana, la consistenza che lascia al tatto e la sua luminosità più o meno accentuata sono tutte caratteristiche difficilmente falsificabili e che danno importanti indizi sulla provenienza di certi esemplari.

Per una classificazione dei tappeti antichi io mi atterrei a quella più classica: Per la maggior parte dei collezionisti il tappeto antico che viene preso in esame al giorno d'oggi è quello appartenente al XIX secolo, perché vi sono ancora ottimi esemplari reperibili sul mercato a prezzi “abbastanza” abbordabili. Spostarsi di un secolo o più anteriormente vuol dire andare a prendere in considerazione tappeti antichi classici storici, le cui cifre sono oramai quasi inavvicinabili per un privato, a meno che non si ricerchi dei bei frammenti che dal punto di vista storico diano le stesse emozioni. Spostarsi verso i primi anni del XX secolo vuol dire rischiare di andare a prendere in considerazione tappeti semi-antichi e vecchi che oramai venivano eseguiti per l'esportazione verso l'occidente, con un forte decadimento dei valori culturali, stilistici, artistici e qualitativi.

E' vero che anche in questo periodo ci sono ottimi ed eccellenti esemplari, fra le popolazioni nomadi non sedenterizzate e alcuni rinomati laboratori d'atelier, ma i modelli stilistici perdono molto della loro aurea e si irrigidiscono. Un'ulteriore distinzione andrebbe fatta tra esemplari antichi e semi-antichi eseguiti a cavallo del secolo XIX e XX ed esemplari eseguiti verso il 1930. Dopo le due guerre mondiali, dal 1918 ma soprattutto dopo il 1945 tutto cambia nel mondo e le popolazioni di origine nomade risentono di questi sconvolgimenti. La qualità peggiora sempre di più, cambiano le tecniche d'annodatura, i tappeti si impoveriscono e perdono quella simbologia che per centinaia di anni era rimasta immutata e tramandata di generazione in generazione, ad eccezzione sempre di qualche annodatura nomade, scappata dal subbuglio economico, politico e militare.

Infatti tra la fine dell'ottocento ed i primi del novecento su molti tappeti cominciano ad apparire in maniera dapprima limitata e poi sempre più estesa le prime tinture sintetiche all'anilina, ma d'altronde è già da più di cent'anni, verso il 1860 che in laboratorio si sono scoperte le prime tinture sintetiche. Per alcuni tappeti, considerati oramai “antichi” tali tinture non ne diminuiscono di molto il valore, solo se comunque il manufatto abbia mantenuto un forte legame con la tradizione più antica, che non ne abbia snaturato la struttura tecnica, stilistica e storica, e che nel complesso colorazioni naturali e limitate tinture sintetiche abbiano mantenuto un loro equilibrio stilistico-cromatico.

Quindi in conclusione se vi piace la tessitura antica leggete, informatevi,toccate con mano e poi,solo dopo aver acquisito una buona esperienza, comprate.

Segue una classificazione che apparirà anche un po' rigida se confrontata ad oggi, ma che è quella a cui si attengono gran parte dei collezionisti, anche perché ci sono stati importanti eventi storici che hanno trasformano il mondo e le culture dei popoli e di conseguenza hanno influito sulle produzioni tessili.

  • Frammenti di tappeti e di tessuti d'alta ed altissima epoca ritrovati a seguito di campagne di scavi archeologici
  • Tappeti storici, d'alto antiquariato e collezionismo: dal medioevo sino al 1800 circa
  • Tappeti antichi dell'800:
  • Tra il 1800 circa e il 1825 circa (1° periodo), tra il 1825 e il 1850 circa (2° periodo)
  • Tra il 1850 circa e il 1875 circa (3° periodo) e tra il 1875 e la fine del 1899 (4° periodo)
  • Tappeti semi-antichi: tra il 1899 circa e il 1920 circa
  • Tappeti vecchi: tra il 1920 e il 1936 circa
  • Tappeti semi-vecchi: tra il 1936 e il 1950 circa
  • Tappeti semi-nuovi: tra il 1950 e il 1970 circa
  • Tappeti contemporanei: con le dovute distinzioni e periodi, certe produzioni eccelse a volte raggiungono punte tali da sfiorare l'arte; altre produzioni, ahimè la maggior parte, hanno manufatti di qualità mediocre o scadente. Poi tutto e basato sull'artigianato, sui grandi numeri di produzione, sulla domanda e l'offerta, sulla moda, sul gusto arredativo.

 

E' vero che verso il 1980 si è creato il progetto DOBAG per ricreare i tappeti con tinture naturali e che è stato ripreso anche recentemente da altri produttori, ma secondo me rimangono pur sempre delle belle copie, che non diventeranno mai arte e non diventeranno mai antichi, perché privi di qualsiasi contesto storico.

Ma ci sono pur sempre i tappeti afghani annodati durante l'occupazione Russa direte voi, e si , è vero............

Ora questa classificazione è stata rivista e i tappeti dei primi del novecento oramai sono considerati commercialmente antichi.

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