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Le Snuff Bottle - Seconda parte Stampa E-mail

 

Tipi di materiale

Le prime snuff bottle di cui si ha traccia sono un gruppo di bottigliette di bronzo prodotte durante il regno di Shùnzhì 順 治 (1644-1662).
Successivamente le snuff bottle sono state prodotte con ogni materiale che permettesse di realizzare un contenitore a tenuta d’aria e la varietà dei materiali usati dai cinesi sfida l’immaginazione: vetro, pietra dura, porcellana, terracotta, metallo, sostanze organiche.

Vetro

I cinesi hanno imparato l’arte del vetro relativamente tardi, ma hanno rapidamente appreso e perfezionato le tecniche di lavorazione che erano state introdotte in Cina dai missionari Gesuiti alla fine del Cinquecento.
Le prime snuff bottle usate presso la corte dell’imperatore erano di vetro e venivano prodotte nelle numerose vetrerie imperiali.

 


Le snuff bottle di vetro erano ottenute per soffiatura o per stampaggio e potevano essere decorate in una grande varietà di modi. Molte sono di vetro monocromatico e, in questo caso, sono solitamente di forma semplice e senza decorazioni.
Alcune sono di vetro bicolore o policromo. Altre ancora sono state realizzate con vetro che presenta inclusioni di vetro di colore contrastante. Una variante di questa tecnica consisteva nell’usare vetro con inclusioni di oro o di vernice dorata.

 



Una delle tecniche di decorazione del vetro più utilizzate nella realizzazione di snuff bottle è quella chiamata “overlay”, che si ottiene immergendo una bottiglietta di vetro monocromatico in un crogiuolo contenente vetro fuso di un altro colore oppure spruzzando sulla superficie della bottiglietta del vetro fuso di colore contrastante.
Dopo la solidificazione, la bottiglietta veniva poi scolpita fino all’altezza del corpo originario, lasciando in rilievo, nel colore dello stato esterno, immagini o simboli della tradizione cinese.

Il corpo della bottiglietta può essere liscio e di colore uniforme oppure con inclusioni a bollicine irregolari che ricordano fiocchi di neve.
Gli strati applicati esternamente possono essere monocromatici o multicolore.

Erano molto diffuse anche le snuff bottle di vetro smaltato, pur essendo la tecnica di smaltatura del vetro è piuttosto complicata.


Lo smalto applicato sul corpo della bottiglietta doveva poi essere cotto in forno e, poiché il punto di fusione del vetro usato per le snuff bottle (con alto tasso di alcalinità) era relativamente basso, se questo punto di fusione veniva raggiunto prima che lo smalto fosse completamente cotto, la bottiglietta si fondeva.

Molte volte il vetro veniva lavorato ad imitazione di altri materiali, quali pietre dure, porcellana, gusci di tartaruga. Verso la fine dell’Ottocento comparvero le prime snuff bottle di vetro o di cristallo trasparente dipinte all’interno, con una tecnica ideata nella Scuola di Lǐng Nán 嶺 南 vicino a Canton 廣 州 “Guǎngzhōu”. Per la pittura all’interno, tuttora molto praticata, si utilizza un sottile pennello di bambù con la punta piegata che viene inserito nel collo della bottiglietta. Questo tipo di snuff bottle era destinato solo alla vendita a collezionisti, in quanto la delicatezza della pittura all’interno le rendeva poco pratiche per essere utilizzate come tabacchiere.
Un’altra peculiarità di queste bottigliette è il fatto di riportare molto spesso il nome dell’artista, il che non si verifica mai per gli altri tipi di snuff bottle.

 



Per permettere alla pittura (solitamente a base di acqua) di aderire più facilmente, la superficie interna doveva essere leggermente ruvida.
Sebbene la maggioranza delle snuff bottle dipinte all’interno fosse fatta con vetro o cristallo trasparente, si trovano anche rari esemplari di bottigliette fatte di vetro colorato, la cui esecuzione era resa ulteriormente complicata dalla poca trasparenza del corpo della bottiglietta.

Rame

Tra le snuff bottle di rame le più diffuse erano quelle smaltate, grazie anche al fatto che la tecnica per la smaltatura dei metalli non presenta i problemi che si incontrano con la smaltatura del vetro, in quanto il punto di fusione dei metalli è più elevato.
Per la realizzazione di bottigliette smaltate, il rame veniva preferito agli altri metalli perché gli smalti aderiscono ad esso più facilmente.



Meno diffuse sono le snuff bottle di rame decorate con la tecnica del “cloisonné”. Questa tecnica, molto diffusa in Estremo Oriente e introdotta in Cina nel XV secolo, consiste nell’applicare sottili fili metallici al metallo del fondo per sagomare delle celle (o cloison) che vengono successivamente riempite con smalto formato da un impasto di sabbia, sodio e potassio, colorato con l’aggiunta di ossidi metallici ed applicato a caldo.

Pietre dure

Tra le varie pietre dure la giada occupa un posto preminente in Cina ed è sempre stata considerata più preziosa dell’oro.
Esistono due varietà principali di giada: la nefrite e la giadeite.
La nefrite è un silicato di sodio, magnesio e alluminio ed è tendenzialmente di aspetto opaco e cremoso con colori che variano dal bianco, il più pregiato, al giallo e al grigio chiaro.
La giadeite è un silicato di sodio e alluminio, è leggermente più dura della nefrite e, pur avendo una grande varietà di colori, è particolarmente apprezzata nei toni verde mela e verde smeraldo.
Molto spesso le snuff bottle di giadeite sono lisce e senza incisioni, sfruttando le venature della pietra come effetto decorativo.



Un’altra pietra dura molto utilizzata è il quarzo, nelle sue molteplici varietà tra cui calcedonio, agata, onice, diaspro, ametista, quarzo rosa, corniola.
Di queste varietà la più comunemente usata, soprattutto durante il XIX secolo, era il calcedonio, reperibile in abbondanza e quindi relativamente economico.

Molte snuff bottle di calcedonio sono state realizzate con delicate e raffinate incisioni che, sfruttando le venature naturali della pietra, hanno permesso la creazione di figure a volte anche molto complesse.



Altri materiali

Per produrre snuff bottle sono stati talvolta utilizzati anche metalli vari (ferro, rame, bronzo, argento, oro).

Numerose sono anche le snuff bottle realizzate con  sostanze organiche, sia di origine animale (avorio, madreperla, ossa e corna di animali, gusci di tartaruga) sia di origine vegetale (bambù, legno, gusci di frutti, lacca, ambra).

L’arte della lacca, in particolare, che è un derivato della resina dell’albero della lacca “rhus vernicifera”, è stata praticata in Cina fin dal 200 A.C. e consiste nell’applicare strati successivi di resina (fino a 150 strati) sul corpo da decorare.



La caratteristica colorazione rossa è ottenuta aggiungendo polvere di cinabro, un minerale da cui si ricava il mercurio.

L’ambra invece è emessa da una particolare specie di conifere sotto forma di resina  che successivamente con il tempo è fossilizzata.



Porcellana

Il materiale in assoluto più usato per realizzare snuff bottle è la porcellana. I cinesi hanno lavorato la ceramica per più di 4,000 anni e sono stati artefici di tutti i più significativi miglioramenti apportati alle tecniche di produzione, a partire dalla semplice cottura dei vasi di argilla fino all’invenzione della porcellana che è ottenuta da una miscela di caolino e feldspato.
La fabbrica di porcellane di Jǐngdézhèn 景 德 鎮 èstata per secoli uno dei principali fornitori della corte imperiale, anche se le snuff bottle di porcellana non sono quasi mai state prodotte per usi imperiali, ma piuttosto per l’uso da parte della popolazione.
Il corpo delle bottigliette di porcellana veniva stampato in due parti separate che venivano poi unite con una pasta a base di argilla e successivamente decorate.
 



Le snuff bottle di porcellana potevano essere realizzate e decorate in molteplici modi:
- lisce con decorazioni smaltate;
- lisce decorate con smalto “underglaze” blu o rosso, con una tecnica che consiste nel decorare il corpo ceramico e, successivamente, ricoprirlo con una pasta vitrea a base di silice che, dopo la cottura, crea uno strato lucente e liscio come il vetro;
- in rilievo con decorazioni smaltate;
- in rilievo e non ricoperte di smalto lucido (biscuit).

Terracotta

La terracotta, che differisce dalla porcellana per essere ottenuta dall’argilla e per essere cotta a temperature molto inferiori (tra 800 e 1,000 °C), è un materiale che è stato usato raramente per la produzione di snuff bottle, anche se era molto apprezzato per l’ottima capacità di conservare il tabacco.
Tra le varie snuff bottle di terracotta spiccano quelle prodotte a Yí Xīng 宜 興, nella provincia di Jiāngsū 江 蘇, molto spesso decorate con raffinati disegni monocromatici e contrastanti, solitamente color ocra.

 
Le Snuff Bottle - Prima parte Stampa E-mail

 

Snuff bottle” è un vocabolo inglese che indica una piccola bottiglietta usata dai cinesi per contenere tabacco da fiuto.
Non esiste una traduzione italiana comunemente accettata e l’equivalente, potrebbe essere “flacone”o “bottiglietta” per tabacco da fiuto, ma dal momento che i maggiori esperti ed antiquari sono inglesi, i più grandi collezionisti sono americani e quasi tutta la letteratura disponibile è in lingua inglese, anche i collezionisti occidentali non anglosassoni si sono ormai rassegnati all’uso del termine “snuff bottle”.

Il tabacco, originario del continente americano, è stato introdotto in Cina verso l’inizio del Seicento da commercianti spagnoli e portoghesi.
L’usanza di fumare foglie di tabacco si diffuse così rapidamente tra tutti gli strati della popolazione che, con l’avvento della dinastia Qīng 清 (1644), il fumo venne dichiarato illegale.
Fu però consentito annusare il tabacco (in inglese “snuff”) finemente tritato e mescolato con varie sostanze aromatiche (menta, canfora, gelsomino o altre piante e fiori), in quanto si pensava che potesse essere un rimedio per le malattie più comuni, quali il raffreddore, il mal di testa, il mal di stomaco.
Per questo motivo il tabacco da fiuto usato in Cina veniva conservato in piccoli flaconi come la maggior parte delle altre medicine, a differenza di quanto avveniva in Europa dove le tabacchiere avevano solitamente forma di scatoletta, o tra gli Indiani d’America che tenevano il tabacco dentro borsette di pelle.
 
Un altro motivo per cui il tabacco veniva conservato dentro le bottigliette è l’estrema umidità di varie parti della Cina, soprattutto quelle meridionali, che imponeva che il tabacco venisse tenuto dentro un recipiente sigillato, come erano appunto le snuff bottle.
L’uso del tabacco da fiuto si diffuse rapidamente presso la corte dell’imperatore Kāngxī 康 熙 (1662-1722) e le snuff bottle divennero uno status symbol ed un’opportunità per esibire la propria ricchezza ed il proprio rango all’interno della società cinese.
Ben presto l’uso del tabacco da fiuto si estese anche alle classi meno abbienti e divenne usanza comune offrire un pizzico di tabacco agli ospiti che si ricevevano in casa o ai conoscenti che si incontravano per strada.
L’abitudine di fiutare tabacco terminò drasticamente con la fine della dinastia imperiale Qīng e l’avvento della Repubblica (1911).

 

 

 

Il fatto che il tabacco da fiuto fosse molto usato alla corte imperiale, che da sempre incoraggiava ogni forma d’arte, portò alla nascita di una vera e propria industria di snuff bottle.
Per un secolo, dal 1680 al 1780, le botteghe artigiane che producevano snuff bottle all’interno della Città Proibita 故 宫“Gùgōng”raggiunsero il numero di 250.
I migliori artigiani fecero a gara per creare le bottigliette più belle e originali e l’imperatore stesso era solito regalare delle preziose snuff bottle o anche serie di 8, 10 o 12 bottigliette identiche ai suoi cortigiani ed ai sovrani stranieri che andavano in visita in Cina.

 

 


 

Le snuff bottle sono sempre di dimensioni ridotte (solitamente non superiori a 7-8 cm di altezza) in modo da poter essere facilmente portate in tasca o dentro piccole borse di seta legate alle vesti.
Al tappo delle bottigliette è fissato un piccolo cucchiaio di metallo o di avorio o di osso che veniva usato per estrarre il tabacco dalla bottiglietta, metterlo tra le dita ed annusarlo.
Un altro modo di fiutare il tabacco, sicuramente molto meno diffuso, consisteva nel versarne una piccola quantità dentro un minuscolo piattino e prenderlo tra le dita per portarlo al naso.

Citazione da www.snuffbottles.it

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Il Taj Mahal - Un po' di storia tra leggenda e realtà Stampa E-mail


 


 

Il Taj Mahal , chiamato anche il mausoleo dell’amore , è uno dei monumenti più conosciuti e visitati al mondo.
Non a caso è stato inserito nell'elenco delle sette Meraviglie del mondo moderno.
Il poeta indiano Tagore definì il magnifico mausoleo come "una lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo”.
Il Taj Mahal fu fatto erigere nel 1632 dall’imperatore Shan Jahan, come residenza funebre per commemorare la figura della sua amata moglie Mumtaz-i-Mahal, che, in lingua persiana, significa "Luce del Palazzo”.


La donna morì di parto dopo aver dato alla luce il loro quattordicesimo figlio.


La leggenda narra che l’Imperatore , distrutto dal dolore, decise di far costruire questo imponente monumento, a testimonianza del suo amore eterno verso la donna e che a causa dell’infinito dolore, l'imperatore invecchiò nel giro di pochi mesi e che i suoi capelli corvini divennero, improvvisamente, bianchi come la neve.


Si narra ancora che quando Mumtaz-i-Mahal era ancora in vita, ottenne dal marito quattro promesse: la prima era quella di costruire un tempio, la seconda quella che si sarebbe sposato ancora, la terza quella di essere sempre gentile e comprensivo con tutti i suoi figli, ed infine, l’ultima quella di visitare la sua tomba ogni anno, in occasione della ricorrenza della sua morte.


La costruzione del Taj Mahal, come già detto, iniziò nel 1632 e venne completata in 22 anni di duro lavoro. Probabilmente furono più di mille gli elefanti che vennero utilizzati per trasportare i pesantissimi marmi.
La cupola è composta esclusivamente da marmo bianco e la posizione, cosi vicina al fiume Yamuna, permette un magico e raro gioco di colori, che mutano durante le ore del giorno e a seconda dei cambiamenti stagionali. Come un diamante prezioso, il Taj Mahal brilla quando le pietre semi preziose, incastonate nel marmo, incontrano le luce del giorno e della notte.
Capita cosi, di ammirare queste sfumature e le varie tonalità: rosato al mattino, bianco-argento alla sera, dorato quando sorge la luna.
Tutto questo gioco di luci, ombre e colori, conferisce al luogo l’idea della magia, dell’incanto, della favola; quasi a voler rispecchiare la mutevolezza dell’umore femminile.

 

 
I Tappeti Caucasici antichi e i "Magic Carpets" Stampa E-mail

 

I tappeti realizzati nel Caucaso durante la grande espansione dei villaggi che si occupavano della loro tessitura, promossa dalle autorità russe nella seconda metà del XIX secolo sono diventati, nel corso degli anni, uno dei generi più apprezzati dai collezionisti.

Vari tipi di Kazak, Karabagh, Shirvan, e Kuba infatti, occupano ancora un posto di rilievo nella "graduatoria" dei tappeti più ricercati, ma la loro attrattiva è leggermente scemata negli ultimi dieci anni. Questo non è dovuto tanto ai cambiamenti del gusto, della disponibilità degli acquirenti, o ad altre tendenze di mercato. Nè tantomeno sono venuti a mancare, nelle gallerie di commercianti o nelle case d'asta, pregevoli esemplari di queste provenienze.

Ed è infatti questa una chiave del problema...

È possibile scovare splendidi esempi di Sevan o Kazak Karachopf, Chelaberd, Karabagh, Kuba Konakgend e simili, se si è disposti a pagare il prezzo (a volte anche alto) che questi tappeti riescono a raggiungere quando sono in ottime condizioni. Ma il loro stato di conservazione, a volte davvero eccellente, è ormai diventato motivo di preoccupazione o sospetto.

Le ragioni di questo allarme hanno a che fare con le pratiche scorrette che sono state adottate da alcune regioni del Medio Oriente nel corso dell'ultimo decennio o giù di lì.

Tappeti antichi, anche in ottime condizioni, sono raramente esenti da pur lievi difetti. Infatti, anche se ben curati, è inevitabile che nel corso dei decenni abbiano subito un qualche tipo di danno: sia che si tratti di tarme, bruciature, tagli o macchie inamovibili, quasi tutti richiedono interventi di manutenzioni più o meno invasivi, fino ad arrivare a vere e proprie ritessiture effettuate sul canovaccio delle trame e degli orditi.

Tali "manutenzioni" sono sempre state accettabili e rimangono tali per i collezionisti. A maggior ragione quando questi restauri vengono effettuati con uno standard molto elevato, soprattutto dai tessitori delle aree mediorientali, dove i tappeti sono stati originariamente prodotti.

Per rendere tutto ancora più a "regola d'arte" infatti, questi ultimi usano spesso la lana dei resti frammentari di kilim e arazzi antichi che possono essere disfatti per produrre filati di lana molto lunghi, che presentano la giusta rotazione, un colore della stessa qualità e la consistenza, in tutto e per tutto insomma, paragonabile alla lana dei tappeti che necessitano del restauro. Tutto questo è per molti versi encomiabile, ma ha in sé stesso il potenziale per produrre poi l'abuso.

Recupero della "Struttura"

Alcuni tappeti antichi hanno un motivo o un altro per diventare più ricercati di altri. È facile imbattersi però in esemplari talmente logori che semplicemente non vale la pena riparare. In molti casi però, vale la pena salvare le loro fondazioni (l'intreccio che si viene a creare tra le trame e gli orditi), riannodarle nuovamente, e in questo modo riparare eventuali buchi o fessure, o peggio, interi manufatti.

È infatti possibile prendere del filo antico, disfatto da kilim danneggiati o frammenti di essi che non hanno più molto valore di mercato, e ritessere con tale filo sulle fondazioni antiche, riproducendo le caratteristiche ed i disegni tipici dei tappeti più ricercati e remunerativi.

I tappeti che ne derivano sono realizzati interamente con materiali antichi. Hanno la qualità della lana e il colore degli oggetti d'antiquariato, la trama e gli orditi sono antichi e in ogni dettaglio si percepisce il sentore dell'oggetto di antiquariato. Se poi il tessitore è abile, come spesso accade, il disegno e la qualità della realizzazione riesce ad ingannare anche i più esperti mercanti e collezionisti.

Tali esemplari possono facilemente superare anche le più ardite prove di analisi scientifica come la datazione al carbonio-14, dal momento che la lana è del tutto originale ed antica. Tali esami potrebbero svelare la "frode" solo se i filati di kilim risultassero sensibilmente più vecchi della fondazione o viceversa, o se si effettuase l'esame, a campione, su più porzioni del tappeto. Solo dinanzi a test così specifici, si potrebbero notare incongruenze cronologiche tra le diverse aree del tappeto, così da evidenziare il "falso".

Già...perchè la domanda è d'obbligo: "Potrebbero tali tappeti essere considerati antichi a tutti gli effetti?"

La loro realizzazione è moderna, e devono quindi per forza valere molto meno di pezzi originali realizzati oltre un secolo fa. La vendita di tali oggetti come pezzi d'antiquariato può essere considerata a tutti gli effetti come fraudolenta, a meno che il venditore non risultasse all'oscuro del fatto che il tappeto è una "pastiche" moderna di vecchi materiali....cosa che purtroppo accade sovente.

Si racconta che un noto antiquario stava ammirando un Kazak antico appeso al muro di una galleria di New York. Fu avvicinato da un restauratore turco che stava visitando a sua volta la galleria, e riconoscendolo gli si avvicinò in silenzio e gli chiese di stimare l'età del pezzo. L'antiquario rispose prontamente, datandolo intorno al 1880. Il turco allora sorrise e disse che era davvero lontano, essendo stato lui stesso l'autore del tappeto, poche settimane prima in Turchia.

Quando l'antiquario lo incalzò facendogli notare che il tappeto presentava aree danneggiate e rimpelate, il restauratore rispose: "lo facciamo per farlo sembrare più convincente". Quando il primo sottolineò che il "marrone" era tutto corroso (tipico effetto dell'ossidazione) come deve accadere ai pezzi di antiquariato, il secondo rispose "abbiamo rasato più in basso tutta l'area colorata di marrone". Di fronte alla nota che il retro del tappeto era lucido e liscio come quello di uno antico, il turco rispose che avevano bruciato le fibre della superficie posteriore con un cannello a gas propano. Quando infine l'antiquario insistette sul fatto che la lana e i colori erano vecchi, il restauratore ammise con un sorrisetto che lo erano in effetti, ma che non faceva nessuna differenza.

E aveva ragione. Era ancora un tappeto nuovo. O, in mancanza di un termine migliore, era un "Magic carpet" (tappeto magico).

Questo è quindi il rischio a cui devono far fronte i collezionisti e commercianti, rischio che ha avuto un effetto agghiacciante. Ci troviamo infatti spesso a doverci pensare due volte prima di acquistare un tappeto antico che appartiene ad una provenienza ricercata. Se sembra troppo bello per essere vero, forse lo è, forse non è un vero e proprio tappeto antico, ma un "Magic carpet".

Quando vediamo un Kazak Sevan o un Karachopf con un vello lungo, colori caldi e corposi, pochi o nessun restauro, nasce immediatamente il sospetto, che non diminuisce fino a quando non si riesce ad avere prove documentate di almeno venti anni dell'esistenza del tappeto. E tale documentazione, spesso, non è disponibile.

Non vi è alcun dubbio che tanti tappeti caucasici antichi autentici subiranno svalutazioni e/o dubbi, magari infondati, a causa di questo clima di cautela e sospetto ma, ai prezzi ai quali vengono oggi proposti, chi vuol fare un giro sul "tappeto magico"?

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I Tappeti Antichi di Axminster & Wilton Stampa E-mail

 

La storia dei tappeti di Axminster è iniziata nel 1755, quando Thomas Whitty aprì una società tessile che si occupava della produzione di tappeti nella città di Axminster appunto, nella contea di Devon.

 


 

Lo sviluppo della produzione dei tappeti in Inghilterra in questo periodo fu aiutata da leggi pensate apposta per promuovere tessuti di produzione locale, al fine di combattere la persistente preoccupazione che i tessili di produzione straniera potessero dominare il mercato.

Di questo periodo era infatti il predominio quasi assoluto, in Europa, delle industrie tessili di Chaillot (Parigi) che dal 1672 ospitavano le famose manifatture di Savonnerie.

Sin dai primi tappeti prodotti, ad Axminster preferirono annodare a mano i loro tessili anzichè rivolgersi all'assemblaggio meccanizzato, che proprio in quel periodo stava prendendo piede nella produzione dei tessili comuni. Tale scelta rese immediatamente i tappeti ivi prodotti un "must" per l'aristocrazia londinese e tutta la classe più abbiente, divenendo di fatto il punto di riferimento esclusivo per gli arredi più ricercati.

Non desta quindi stupore il fatto che alcuni tappeti Axminster abbiano adornato i pavimenti delle magioni del duca di Devonshire (a Chatsworth) o quelle del Royal Pavilion a Brighton (la residenza del Principe di Galles) tanto per citarne alcuni, e siano stati acquistati da Giorgio III e dalla regina Charlotte che visitarono la fabbrica nel XVIII° secolo.

 

 

 

due foto del tappeto Axminster della Harewood House

 

 

 

Alcuni dei più famosi tappeti Axminster furono disegnati dal famoso architetto, e disegnatore di mobili, Robert Adam. L'elegante manufatto che progettò per "Harewood House" all'incirca nel 1770, che risiede attualmente al Metropolitan Museum di New York, ma anche quello della "dining room" della "Lansdowne House" (circa 1775), rappresentano bene l'archetipo base della produzione dei migliori Axminster.

Entrambi infatti impiegano motivi classici sulla base degli antichi reperti di Ercolano e Pompei nel tardo XVIII° secolo. Essi condividono un senso di simmetria ordinata nel disegno complessivo, con elementi palladiani quali colonne, frontoni, architravi, trofei e una serie di fiori a campana insieme alle maschere classiche. 

 

 

 

Axminster della Lansdowne House

 

Altra particolarità degli Axminster era inoltre la speculare imitazione del disegno dell'intonaco del soffitto ed un uso quasi sgargiante dei colori, sbiaditi poi dal tempo.

 

Ancora oggi, nella cittadina di Axminster, si continuano a produrre (anche se in forma molto limitata) dei tappeti, realizzati con i colori brillanti distintivi della produzione più antica, tradizionalmente su trame ed orditi in lana. 

Come per i tappeti francesi, sono spesso presenti motivi classici presi in prestito da elementi architettonici rinascimentali e motivi floreali, mentre alcuni disegni abbracciano i modelli orientali. 

Probabilmente i fasti del passato sono irrimediabilmente andati, ma molte persone associano ancora Axminster ad una produzione di qualità, grazie proprio al fatto che questo fu un nome famoso nel campo dei tappeti per secoli.

liberamente tradotto ed ampliato da http://www.dorisleslieblau.com

 

 
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