Simbologia dei Tappeti Stampa

 

La Decorazione

L'arte della tessitura e del Tappeto in particolare, sia esso annodato o piatto, ha sicuramente nella decorazione e nei disegni che presenta, una delle ragioni principali, se non la più importante, della bellezza, della diffusione e dell'importanza del manufatto stesso.

Se infatti ci fossimo trovati, fin dal principio, con dei "Tappeti" annodati con lane monocolore e senza alcuna espressione artistica o anche solo cromatica, avremmo parlato di artigianato così come si parla oggi di coperte, stuoie, ma senz'altro non ci sarebbe stata la fioritura dello studio del tappeto, e non si sarebbe potuto parlare di "messaggio" tramandotoci attraverso questa forma d'arte.

I disegni dei Tappeti Orientali quindi, costituiscono indubbiamente uno degli aspetti artistici più accattivanti, in grado di catturare l'attenzione di ogni osservatore. E' impossibile infatti non essere attratti dalle volute dei decori floreali, che spesso si susseguono con una minuzia calligrafica davvero sorprendente, o dal rigore e dall'austera ripetizione di motivi geometrici, con il loro profilo spigoloso e ordinato. Tuttavia, se l'analisi dei decori vuole essere veramente esaustiva, non deve accontentarsi di un giudizio estetico, in quanto molti disegni non hanno semplicemente una funzione ornamentale, ma rappresentano simboli di antichissima origine che esprimono interessanti concetti legati alla storia, alle religioni e alla cultura dei popoli d'Oriente, anche se oggi, chi li riproduce, non ne conosce più (in molti casi) il loro profondo e autorevole messaggio.

Come anticipato, possiamo innanzitutto definire due grandi famiglie di "decorazioni" dei Tappeti Orientali (anche se tale classificazione vale praticamente per tutti i manufatti tessili):

La Decorazione Floreale

Prende spunto dal mondo animale e vegetale, dando vita a tutta una serie di disegni e simboli (perlopiù curvilinei e con arabeschi e volute) che vengono riportati con uno stile quasi fotografico (almeno per gli esemplari più fini). Proprio per questa Sua peculiarità, la decorazione floreale necessita di un'annodatura piuttosto fine del tappeto, così da rendere "leggibile" il motivo o il simbolo rappresentato.

All'interno di essa, possiamo notare una "sottocategoria" che chiameremo dei "tappeti figurati", esemplari relativamente più rari, che riproducono, più o meno fedelmente, scene di vita quotidiana (spesso raffigurazioni delle celebri quartine del poeta Omar Khayyam) o paesaggi, architetture ecc..

Non è infrequente oggi trovare, passeggiando per i Bazaar di Teheran o di Istanbul, copie di dipinti famosi come la Monnalisa o l'Ultima Cena di Leonardo da Vinci, realizzati però con lana o seta ed annodati, anzichè ad olio su tela. 

 

La Decorazione Geometrica

Questa seconda tipologia invece, presenta tratti e simboli caratterizzati da geometrie molto ben definite e nette, linee dritte, angoli, assenza totale di smussature e ripetizione di elementi geometrici basilari. In effetti, spesso anche nella decorazione geometrica ci si trova davanti a motivi che traggono ispirazione o che vogliono descrivere fiori e animali, ma questi vengono "stilizzati" al punto da far divenire ad esempio una variopinta e movimentata coda di pavone, un semplice segmento verticale, inframezzato da 3-4 segmenti a 45° rispetto ad esso.

E' indubbio che la decorazione geometrica sia più antica. Essa non impone l’intensità dell'annodatura necessaria invece per avere una resa accettabile nella decorazione floreale ed è percettibile che la simbologia sottostante alla sua realizzazione appartiene ad una civiltà primitiva.

 


 

Le tribù nomadi sono state per secoli custodi di questi simboli primitivi, sopravvissuti a diversi periodi storici e tante religioni. Basti pensare infatti che nei tappeti tribali, troviamo ancora quello che in persiano si dice "neshan" cioè segno, che in realtà serviva per targare gli animali e le cose di proprietà dei nomadi.

Molti simboli "primordiali", riunendosi tra di loro, hanno dato poi origine a simboli più complessi, fino a creare un repertorio iconografico vastissimo. Volendo usare una espressione "poetica", potremmo dire che "!e trame della storia di questi popoli e quelle dei tappeti si sono intrecciate nei secoli....".

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La Simbologia del Tappeto

I vari motivi rappresentati nel disegno di un tappeto (nel campo o nei bordi) rivestono un significato simbolico di grande interesse. D'altro canto la simbologia nei tappeti è un argomento estremamente complesso. Durante i secoli si sono confusi e talvolta persi i significati originari attribuiti a motivi che oggi ci appaiono puramente decorativi.

L'assenza di continuità nella documentazione a disposizione e il suo frazionamento in vari spezzoni, non sempre collegabili fra loro, impediscono una lettura univoca e certa del simbolismo raffigurato nei disegni. Bisogna anche sottolineare come l'origine dell'annodatura si ebbe presso tribù nomadi o seminomadi, dall'economia pastorale e da una struttura sociale piuttosto semplice, in cui le espressioni artistiche riprendevano le condizioni di vita: prevalenti infatti sono le raffigurazioni stilizzate degli animali o degli elementi naturali.

Con lo sviluppo degli scambi ed il diffondersi dei motivi, intesi come pura decorazione, la "vera" natura del disegno si è un po' persa, come si può dedurre ad esempio dalla presenza sullo stesso tappeto di motivi il cui linguaggio simbolico affiancato non avrebbe senso: non ha nessun senso accoppiare motivi che ricordano il fuoco (simbolo zoroastriano) con il disegno della mano di Fatima (tipico dell'Islam); ciò avviene solo in quanto il linguaggio simbolico è stato completamente dimenticato.

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Simboli del Mondo Animale

Spesso i simboli derivano da retaggi risalenti a culti pagani naturalistici e zoomorfi, per cui assumono poteri magici, apotropaici (cioè capaci di allontanare gli influssi maligni) o propiziatori. Nel patrimonio iconografico persiano molti decori si rifanno al Mazdeismo, la religione tendenzialmente monoteista fondata intorno al VI secolo a.C. da Zoroastro (o Zarathustra) e poi rimasta per secoli il culto ufficiale di tutto l'Impero Persiano fino all'avvento dell'Islam. Deriva proprio da tale credo la ricorrente rappresentazione di uccelli, che erano l'emblema di Ahura Mazda, il dio principio del bene. La loro sacralità scaturiva dal fatto che questi animali, capaci di spiccare alti voli, erano considerati veri e propri intermediari tra cielo e terra, tra umano e divino. Inoltre svolgevano una preziosa azione per la sopravvivenza della comunità, essenzialmente dedita all'agricoltura, poiché eliminavano gli animali (topi, formiche, scorpioni) che insidiavano i raccolti.

L'Aquila

 Tra gli uccelli più rappresentati troviamo l'aquila, emblema di potenza e di regalità: i suoi poteri apotropaici sono ulteriormente accentuati nel disegno dell'aquila bicipite, uno dei simboli più frequenti sui tappeti caucasici. Il rapace acquista poi una funzione amuletica particolarmente accentuata se porta nel becco una perla o dei pendenti a mezzaluna. 

 

Il Pavone

Anche il maestoso pavone (tra l'altro simbolo identificativo della Persia, chiamato anche il "Regno del Pavone") ha sempre esercitato un fascino particolare sull'immaginario collettivo grazie al suo superbo piumaggio, ritenuto quanto mai adatto sia per celebrare il culto del sole, sia per proteggere dal maleficio grazie al particolare disegno delle penne che sembra rappresentare degli occhi. La sua importanza simbolica è ribadita dalla predicazione islamica, secondo la quale il grande profeta Maometto prima della creazione era un'entità di luce splendente con le sembianze del pavone.

Il Gallo

Il simbolo del gallo, che occupa un posto di tutto rispetto nel patrimonio iconografico dell'Oriente, è anch'esso di derivazione mazdeista: nel culto fondato da Zoroastro rappresentava il risveglio delle passioni e della vita, un richiamo a valorizzare il tempo, il lavoro, l'azione e a combattere la pigrizia. All'animale venivano inoltre attribuiti influssi talismanici, in quanto assiduo cacciatore d'insetti dannosi per l'agricoltura.

Gli animali da Preda

Non sempre riconoscibili anche nei tappeti antichi, hanno spesso una funzione propiziatoria. Il leone e gli animali feroci rappresentati ad esempio sui tappeti della regione di Shiraz, oltre che simboleggiare la vittoria e la gloria (anche gli immortali di Dario, raffigurati nelle rovine di Persepolis, combattono contro di esso), avrebbero anche il potere di tenere lontane le disgrazie.

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Il Mito

Non mancano gli uccelli mitici, come il favoloso Simorgh, ampiamente celebrato anche nella letteratura persiana. In grado, come la fenice, di risorgere dalle proprie ceneri, era simbolo d'immortalità.

In considerazione dei loro poteri eccezionali, su molti tappeti gli uccelli vengono rappresentati uno di seguito all'altro soprattutto lungo la bordura principale, per costituire una specie di catena protettiva che delimita uno spazio benefico, entro cui l'individuo è protetto da ogni influsso maligno.

Ricorrono con una certa frequenza anche gli animali con le corna, soprattutto l'ariete, che richiamano le antiche origini pastorali di tanti popoli asiatici. Sono emblemi beneaguranti poiché simboleggiano l'arrivo della tanto desiderata pioggia. Non sempre è possibile riprodurre sui tappeti il profilo dell'intero animale, anzi, per esigenze di annodatura, molto spesso lo si ritrae attraverso protomi, cioè dandone una rappresentazione parziale e molto geometrizzata che da sola sta a significare l'intero.

Per gli uccelli ad esempio si scelgono le ali, il becco e gli artigli. Le corna, invece, rappresentano gli arieti e vengono spesso rappresentate con un simbolo a "S", molto utilizzato su manufatti anatolici, persiani e caucasici soprattutto per riempire le parti vuote del campo e lungo i bordi.

Infine, mentre il cammello ha da sempre simboleggiato la ricchezza e la felicità, (a tal fine basti pensare che le spose viaggiano sui cammelli addobbati a festa per recarsi dallo sposo, e che il numero dei cammelli posseduti era il metro più preciso per stabilire la ricchezza di una persona), curioso è il significato del cane, che veniva raffigurato per proteggere il proprietario del tappeto dal furto!

Il Drago

Anche il motivo del drago, estremamente stilizzato ma sempre ben riconoscibile, è una protezione e insieme l'evocazione di antichissimi mostri leggendari di origine armena (serpenti-pesci chiamati vishap).

Nell'iconografia del tappeto cinese in particolare, è l'emblema più ricorrente, concepito come animale benefico che protegge i corsi d'acqua e porta la pioggia. Nella cultura dell'Estremo Oriente, infatti, a tale animale mitico si attribuiscono sempre connotazioni positive, a differenza di quanto avviene presso gli Occidentali che, influenzati da antichi retaggi derivati della Genesi e dall'Apocalisse, lo considerano simbolo del maligno. Il drago cinese eredita le sue fattezze da una sorta di serpente alato, e proprio la stretta parentela con il rettile che muta periodicamente la pelle lo fece diventare archetipo dell'autorinnovamento della natura.

Per la sua maestosità venne prescelto anche per incarnare la regalità imperiale e il buongoverno. Ha una grande testa con robuste mascelle e corpo da serpente; se ha cinque artigli rappresenta l'origine divina del potere imperiale, se ne ha quattro, diventa l'immagine della dignità dei nobili.

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Simboli del Mondo Vegetale

L'arabesco

 

L'arabesco è il motivo vegetale principe nella decorazione dei tappeti e una delle invenzioni più originali della cultura artistica islamica. La sua forma è tipicamente floreale e non sottintende una particolare specie botanica ma, nella sua essenza di schema ripetibile all'infinito, piuttosto simboleggia il duplice aspetto (astratto e concreto) dello spirito dell'artista musulmano.

 

L'albero della Vita

Nel patrimonio simbolico dei tappeti d'Oriente un grande spazio è riservato anche alla celebrazione del mondo vegetale, attraverso la frequente riproduzione dell'albero della vita (a destra nelle sue varie forme stilizzate). E' facile comprendere l'importanza di questo motivo se si considera che molti popoli asiatici, secoli e secoli fa, conducevano la loro esistenza nomade peregrinando in terre aride e desertiche, dove la presenza della vegetazione nelle rare oasi significava la possibilità di trovare la preziosissima acqua, elemento indispensabile per la sopravvivenza.

Proprio da ciò è scaturita l'immagine che lega strettamente l'albero alla vita stessa, e ogni pianta viene concepita come un elemento in grado di collegare le tre parti principali che costituiscono l'universo:

il sottosuolo, dominato da forze magiche, dove si insinuano le radici;

la superficie della terra, regno degli uomini, dove il fusto cresce e si sviluppa;

il cielo, luogo del divino, verso il quale si protendono le chiome.

L'idealizzazione di un'agognata natura rigogliosa passò successivamente alla predicazione islamica, che non a caso concepisce il paradiso come una sorta di lussureggiante Eden.

Questa concezione incide profondamente sull'iconografia dei tappeti persiani detti a giardino, poiché riproducono fiori variopinti e alberi verdeggianti sui quali spesso si posano piumati uccelli solari beneaguranti.

Nei manufatti dall'insieme decorativo geometrico si preferisce rappresentare l'albero della vita attraverso il simbolo astratto dell'ancora, dal profilo simile a quello di una freccia.

Una variazione sullo stesso tema è rappresentata dall'emblema dell'albero vagh-vagh, molto ricorrente sia sui manufatti dell'età safavide che su quelli dell'India moghul. Dai suoi rami pendono teste con bocche spalancate che sembrano prorompere in urli per simboleggiare la forza vitalistica della natura.

Antichissimo è anche il motivo dell'albero affiancato da due uccelli che si fronteggiano, di cui abbiamo la prima famosa rappresentazione sul celebre tappeto di Marby (a sinistra), realizzato secondo accreditate ipotesi in Anatolia nel XV secolo. L'origine di tale emblema ancora una volta va ricercata nel culto mazdeista, e per questo fu molto riprodotto dall'arte sasanide. Nel disegno si vuole celebrare il rigoglio della vegetazione, poiché in questo caso gli uccelli corrispondono ad amuleti della pioggia che, portando l'acqua, rendono possibile la vita dell'albero. 

Il successivo avvento dell'Islam riprese ed elaborò tale simbolo, trasformandolo nel decoro chiamato Zeilli Sultan (anche detto del vaso zampillante), molto ricorrente in tanti tappeti floreali.
All'albero originale si sostituì un ricco vaso di fiori affiancato ai lati da due usignoli (a destra).
L'immagine conobbe poi una grande diffusione nel mondo orientale, al punto da ritornare anche come metafora in molti componimenti poetici persiani per celebrare il delicato amore tra un uomo e una donna, paragonati appunto ai fiori e all'usignolo.

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Il Melograno

E' uno degli alberi più riprodotti sui tappeti orientali, e anche l'unico simbolo che ha conosciuto un'ampia diffusione in tutta l'Asia, tanto che lo si ritrova sia nell'iconografia islamica, sia in quella cinese. La sua origine, risalente almeno.al terzo millennio A.C., come dimostrano ritrovamenti archeologici a Susa e in Lorestan, va ricercata nei territori dell'antica Mesopotamia e del sud della Persia; successivamente giunse in Cina, forse attraverso la Via della seta.

La mitizzazione simbolica del melograno nacque probabilmente dal fatto che la pianta richiede pochissima acqua e cresce su ogni tipo di terreno, quasi a costituire una specie di miracolo e di dono della natura in terre aride e brulle. Lo stesso frutto, con i suoi chicchi dolci e succulenti, sembra di per sé incarnare l'emblema della prosperità: non per niente divenne simbolo di ricchezza e fertilità.

Molto diffuso e rappresentato nel periodo sasanide, utilizzato fra l'altro nel culto di Zoroastro anche come immagine del sole, in Persia il melograno divenne poi uno dei motivi più ricorrenti e amati dai Safavidi. Con sorprendente frequenza essi lo fecero riprodurre sui loro celebri tappeti, come tuttora si può verificare osservando uno dei più famosi esemplari conservati al Victoria and Albert Museum di Londra, che con bizzarra innovazione riproduce il frutto spaccato, in cui si distinguono i chicchi colorati.

L'idea conobbe un notevole successo, e un'ulteriore elaborazione di questa tipologia iconografica diede luogo al disegno denominato fiore a scacchiera, in cui i semi del frutto vengono rappresentati in modo piuttosto geometrico, come ordinate maglie ortogonali. I Safavidi fecero anche realizzare sui loro tappeti i fiori dell'albero e non a caso tale motivo è tuttora chiamato fiore Shah Abbasi dal nome di uno dei sovrani più importanti della potente dinastia.

Per portare variazioni a questo unico decoro si rappresentarono anche corolle a petali semichiusi, oppure si celebrò l'importanza dell'albero di melograno riproducendolo interamente, per far pendere dai suoi rami i saporiti e ricchi frutti.

La centralità di tale motivo simbolico, in tutte le sue forme rappresentative, è tuttora confermata nelle principali produzioni persiane. Insieme all'albero della vita, è indubbiamente il motivo d'origine vegetale più ricorrente sui tappeti di Kashan, Kirman, Tabriz, Isfahan.

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Altri simboli vegetali

In generale, comunque, nella simbologia dei tappeti è riservato un grande spazio alla celebrazione della natura, esaltata innanzi tutto nelle forme vegetali, anche perché si tende a concepire il rigoglio delle piante come la migliore manifestazione di una positiva forza biologica che regola il cosmo.

Da ciò è scaturita una vera e propria sinfonia di fiori, celebrati spesso anche per ricordare il succedersi delle stagioni.

Il fior di loto, sacro ai Buddisti, in grado di crescere anche su terreni fangosi senza perdere il candore della sua corolla, è l'emblema della purezza e dell'estate, mentre il narciso, che fiorisce nel periodo del capodanno cinese, è archetipo del buon augurio e dell'inverno. Il fiore di pesco, emblema della primavera, è il simbolo della vita che si rigenera; il crisantemo, fiore dell'autunno, rappresenta la perseveranza e la longevità, poiché resiste ai primi rigori del freddo.
Con una sensibilità attenta a recepire ogni significato iconografico, attraverso i fiori si vuole tramandare anche il trascorrere delle ore di una giornata, rappresentando alternativamente le corolle con petali schiusi, aperti o sfioriti. L'intero anno è raffigurato invece ponendo in successione i singoli fiori-archetipo delle quattro stagioni.

Ma la celebrazione del mondo vegetale non si limita a queste immagini:

Le peonie, ad esempio, tramandano il concetto di un'agiatezza onesta e rispettabile, mentre il pruno, capace di resistere al gelo più intenso, insegna la forza e la tenacia. Il bambù, flessuoso e spontaneo, celebra il coraggio di fronte alle avversità, la longevità e l'umiltà.

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Simboli Geometrici

Nella rappresentazione dei simboli a impianto geometrico molto ricorrente è la svastica, nota anche con il nome di croce uncinata. La sua origine si perde nella notte dei tempi e probabilmente risale alle antichissime popolazioni indoeuropee. Esse professavano una religione politeista e ponevano la residenza delle loro divinità benefiche in cielo, unico elemento immutabile nelle loro continue migrazioni nomadi. La svastica risale appunto alla loro religiosità urania, poiché è costituita da un centro dal quale si dipartono elementi a raggio con andamento a vortice. Nell'emblema potrebbe essere rappresentato il sole, attorniato dalle costellazioni o, secondo recenti ipotesi interpretative, stormi di uccelli riprodotti a protomi.

In area persiana, dalla croce uncinata si elaborò successivamente il simbolo della stella a otto punte, che spesso sui tappeti funge da medaglione centrale per comunicare il concetto della centralità della volta celeste.

Esiste poi una serie di simboli che, anche se in alcuni casi non propriamente geometrici, sono disposti lungo tutto il campo del tappeto in modo uniforme e secondo una geometria ben definita. Tra questi spiccano:

il Boteh, impropriamente chiamato Kashmir perché riprodotto nei tessuti indiani, presenta una forma simile ad una goccia (lacrima di Buddha, o di Allah, a seconda delle religioni) o ad una mandorla, ma per alcuni rappresenterebbe la fiamma del fuoco dei templi zoroastriani.

L'ipotesi più attendibile comunque, è che sia la rappresentazione di un cipresso con la punta piegata da un lato, anche se il suo nome in persiano significa "cespuglio, piantina, mazzo di fiori".

 
Herati o Mahi, diffuso in tutto il Nord dell'Iran: il disegno è composto da una rosetta centrale racchiusa in un rombo con ai vertici altre due rosette di dimensioni inferiori, mentre lungo i quattro lati ruotano quattro foglie falciformi, dalla forma stretta ed allungata che può ricordare quella di un pesciolino.
Per questo motivo in persiano è detto anche mahi che significa "pesce".
Si distinguono con questo decoro zone di produzione come Tabriz, Bijar, Birjand e Mud.

 

 Il Gul, che in persiano significa "fiore", è il motivo più diffuso a Bukhara e Yamoud ed in tutto il Turkestan occidentale in generale.
Costituito da un piccolo medaglione ottagonale, esagonale o romboidale, è suddiviso in quattro parti di diverso colore (il rosso è il colore predominante utilizzato per il campo ed il nero-blu ed il bianco come rifiniture), ospitante al suo interno altre piccole forme geometriche come stelle ad otto punte, quadrati, losanghe, ecc..
Non conoscendosi esattamente la sua origine, le interpretazioni di questo disegno variano dalla rosa alla zampa d'elefante.

Il motivo Minah Khani, tipico del Veramin persiano, è formato da quattro fiori identici, simili alle margherite, disposti a rombo ed uniti da un sottile gambo.

All'interno del rombo vi è un fiore più piccolo. Il motivo ripetuto più volte forma una sorta di grata.

Joshaghan, è formato da un susseguirsi di rombi decorati con fiori stilizzati.
Utilizzato nei Meimeh persiani e nelle vecchie manifatture di Kashan.

Kbarshiang, significa "granchio" ed origina in Persia durante il regno di Shah Abbas, ma è soprattutto usato nei tappeti di Shirvan (Caucaso).
Decorazione floreale schematizzata, è composta da un insieme di grandi fiori che nella loro forma ricordano appunto un granchio.

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Simboli Numerici

Anche certe raffigurazioni simboliche legate al valore magico dei numeri hanno lasciato la loro testimonianza in alcuni aspetti iconografici dei tappeti orientali. Privilegiato è il quattro, emblema degli elementi originari (aria, acqua, terra e fuoco), delle stagioni, dei punti cardinali e delle settimane che si susseguono in un mese.

La sua rappresentazione ha influenzato gli impianti di molti esemplari costituiti da un medaglione centrale e da quattro cantonali, ognuno dei quali è esattamente la quarta parte del medaglione che campeggia al centro.

Questa forma di quadripartizione dello spazio, trova la sua corrispondenza nell'antichissimo simbolo della luna sumera divisa in quattro spicchi che, uniti, compongono un intero.

C'è poi la mistica del dispari: In Oriente i numeri dispari sono considerati maschili e portano fortuna, il numero delle bordure dev'essere dispari, il numero delle trame dev'essere dispari.

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Simboli Religiosi

La fede e il "mondo trascendente", hanno da sempre caratterizzato la vita delle popolazioni arcaiche (come anche quelle moderne, d'altronde), che anche nelle loro manifestazioni culturali, hanno cercato di infondere le credenze, i miti, le tradizioni religiose che li accompagnavano. Anche l'arte della tessitura non è venuta meno a tali produzioni, e quindi a seconda del momento religioso che un popolo viveva, i loro tappeti avevano raffigurazioni riconducibili alla loro fede. 

La diffusione dell'islamismo, ad esempio, diede origine alla cosiddetta mano di Fatima, a volte erroneamente interpretata come un pettine, spesso riprodotta nei tappeti da preghiera in modo estremamente schematico, con un motivo triangolare dal quale si allungano cinque tratti rettilinei, le dita, che vogliono ricordare i cinque precetti fondamentali della predicazione musulmana (fede, preghiera, pellegrinaggio, digiuno e carità) e i cinque principali personaggi dell'Islam: Maometto, Ali, Fatima, Hasan e Hosein. 

Anche il motivo cufico, molto utilizzato soprattutto per decorare le bordure dei tappeti anatolici, si presta a essere interpretato simbolicamente attraverso riferimenti religiosi, poiché riproduce in modo molto stilizzato i caratteri dell'antica grafia araba e diventa emblema dell'assoluto valore della parola di Allah. I Musulmani, infatti, attribuiscono un significato sacro alle singole lettere della scrittura perché il Corano insegna che Dio dettò ogni sura (capitolo) del testo sacro a Maometto, per cui ogni sillaba e ogni altra parte della grafia va considerata come diretta emanazione divina.

Sui tappeti, infine, si riproducono elementi architettonici e decorativi di origine islamica: ad esempio la nicchia, o mehrab (a destra), che nelle moschee è sempre posizionata verso la Mecca, e la lampada, sempre accesa nei luoghi di culto per indicare l'immortalità del divino.

Ricorrente è infine l'ascia bipenne, cioè a doppio fendente, dal significato simbolico con valenza dualistica, poiché comunica la dicotomia del potere in grado al contempo di promuovere il bene e di distruggere.

Di origine zoroastriana invece è la rappresentazione architettonica del simbolo del tempio di fuoco, un tempio poligonale con ben 20 o 28 lati, secondo una complessa tipologia edilizia impiegata nella Persia sasanide di religione mazdeista e adottata anche in epoca islamica. Anche il cipresso, espressione della potenza di Dio, e lo stesso albero della vita, derivano da tradizionidettate da Zoroastro.

Se nei paesi mediorientali la diffusione dell'Islam ha notevolmente inciso sull'insieme iconografico e decorativo dei tappeti, un discorso analogo vale anche per le principali religioni professate in Cina: il Buddismo, il Taoismo e il Confucianesimo. Dalla cosmogonia taoista deriva il noto emblema dello yin e dello yang, rappresentato da un cerchio con una parte chiara, solitamente gialla, e una scura, in genere blu. Sintetizza ed esprime i principi dualistici che regolano il mondo, dalla cui unione hanno avuto origine i cinque elementi primari: la terra, il fuoco, il metallo, l'acqua e il cielo. Lo yang viene identificato con l'essenza maschile attiva, mentre lo yin corrisponde a quella femminile passiva.

Anche il Buddismo, diffuso in Cina nella forma esoterica detta Vajrayana, ha dato apporti significativi al patrimonio simbolico locale. Molto diffusi, ad esempio, sono i suoi otto emblemi beneauguranti: il vaso, la conchiglia, l'ombrello, il baldacchino, il fior di loto, la ruota della dottrina, i due pesci e il nodo infinito.

Lo stesso discorso vale per alcuni oggetti che secondo il Taoismo annunciano la fortuna e la prosperità: il ventaglio, le bacchette, la spada, le nacchere di bambù, la gruccia, il flauto, il cestino di fiori e il loto.

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Altri Simboli

Vi sono numerosi altri motivi che nell'immaginario collettivo esprimono alcuni valori importanti per la convivenza civile e per la vita del singolo. I più diffusi sono:

la perla, simbolo di purezza con poteri apotropaici;

la moneta, archetipo della ricchezza e dell'onestà;

i due libri, che rappresentano l'importanza della conoscenza e della lettura;

la losanga vuota, che indica prosperità nella vita sociale;

la foglia di artemisia, in grado di tener lontane le malattie;

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