Klim e Soumakh Stampa

 

I Tappeti Piatti

Esiste tutta una serie di "manufatti tessili" che pur non potendo essere catalogati come "tessuti" nel senso più stretto del termine, non va neanche ascritta alla categoria dei tappeti, almeno non a quelli dei quali abbiamo trattato finora, e cioè quelli "annodati".

Alcuni particolari esemplari di questi tessili, va inserita in una categoria che per definizione viene detta dei "Tappeti Piatti", in quanto caratterizzata dalla mancanza, più o meno assoluta, del "vello".

Volendo essere ancora più specifici, diremo che due dei tappeti piatti più caratteristici e diffusi, sono quelli realizzati con la tecnica del klim e quella del Soumakh.

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I Klim

Derivante dalla parola persiana "gelim" o "kelim", questi particolari "tappeti piatti", furono inizialmente detti anche  Karamani, in quanto prodotti particolarmente nella regione di Karaman, in Anatolia.
La loro tecnica si avvicina a quella del ricamo, dal momento che all'ordito si intrecciano trame di vario colore fatte passare (con un rocchetto) alternativamente sopra e sotto le varie catene, tornando indietro una volta raggiunto il margine estremo dell'area destinata al loro colore (fig. 1 e 2).; man mano che il lavoro procede si serrano le trame fra loro.

Realizzati spesso con fili di lana, più raramente con peli d'animale o fibre vegetali, i Klim antichi pervenuti fino a noi sono purtroppo molto rari, proprio in seguito all'alta deperibilità nel tempo delle fibre usate.

Al contrario che nei tappeti annodati, le due facce del tessuto sono identiche. Una caratteristica di alcuni klim sono delle fessure nel senso verticale del tessuto: ciò avviene quando il disegno segue linee verticali parallele alle catene dell'ordito; le due trame di colori diverse sono infatti agganciate a due catene contigue che restano però separate fra loro e danno luogo ai cosiddetti "tagli". Ciò non avviene se trame di diverso colore vengono agganciate, alternativamente, ad una medesima catena di ordito, circostanza che però impedisce la formazione di linee perfettamente verticali nel disegno (fig. 3). Questa tecnica, che offre una maggiore solidità complessiva del klim, non viene comunemente usata nei kilim anatolici, mentre è comune nei manufatti provenienti dalla Bessarabia, dalla Georgia e dall'Afganistan.

Per evidenziare maggiormente un particolare motivo geometrico o simbolo, inoltre, nei kilim a stacchi (e soltanto in quelli) è talora presente un 'contorno', ottenuto lasciando 'liberi' uno o più fili di ordito al confine dell'area da incorniciare, ed utilizzando poi un ulteriore filo (a volte doppio), che viene fatto passare sopra e sotto l'ordito rimasto libero (fig. 4).

Una caratteristica della tessitura dei Klim, rispetto ai tappeti annodati a mano, è che il tessitore termina ogni zona di colore prima di passare ad un'altra parte del tappeto. Questo fatto lo si può spiegare con la necessità dell'artigiano nomade di trasportare soltanto limitate quantità di lana durante il viaggio: ogni volta che la tribù sosta e monta il telaio, il tessitore deve quindi utilizzare la lana che ha portato con sè. Non potendo decidere con certezza in precedenza i colori e i motivi decorativi, il Kilm diventa così una sorta di caleidoscopio di colori, dettagli e motivi decorativi diversi.

Il disegno dei klim è prevalentemente di natura geometrica, sebbene talvolta compaiano scene figurate dello stesso repertorio dei tappeti annodati. Spesso i klim presentano bordi con fasce decorate con motivi popolari come animali o piccoli alberi, che trovano le loro origini in antiche credenze delle popolazioni artigiane.

I klim sono abbastanza diffusi in Turchia e nel Caucaso e presenti ovunque in Persia, dove la maggior produzione è prerogativa delle popolazioni seminomadi dell'Iran centro-meridionale e di quelle del Turkmenistan, che fabbricano manufatti di grande bellezza e originalità, conservando schemi decorativi e colori tradizional.

Largamente utilizzati dalle tribù come tappeti da suolo, cuscini, sacchi o coperte, i Klim facevano parte del tesoro familiare ed entravano nella dote matrimoniale come pezzi di grandissimo valore.

In Occidente invece, fino a non molti anni fa, questi erano considerati come una specie di "sottocultura", rispetto ai ben più rinomati tappeti annodati. Col tempo però, grazie un po' alla bibliografia di valenti  studiosi e un po' al fatto che con i loro motivi geometrici ben si adattavano ai mutevoli gusti degli architetti Europei ed Americani ed alle loro creazioni, oramai incentrate sul minimalismo estetico o al massimo allo stile etnico, i Klim hanno cominciato ad essere considerati come un esempio di alto artigianato, a volte di arte, alla stregua dei più famosi tappeti persiani e caucasici antichi.

Si è addirittura ipotizzato che l'archetipo stesso di "cultura tessile" abbia avuto inizio con il klim, in quanto rappresentativo (col suo intreccio di sole trame ed orditi) della "dualità" che secondo molti governa il mondo: Il bene e il male, lo yin e lo yang, l'uomo e la donna, ecc...

E' sorta quindi tutta una scuola di pensiero che vede gli stilemi caratteristici dei klim come un vero e proprio linguaggio, attraverso il quale centinaia di generazioni di donne dell’Anatolia (termine usato nella sua accezione più arcaica), pur attraverso continue e geniali interpretazioni personali degne di designer tessili di livello, ci hanno trasmesso un corpus simbolico unico nel suo genere.
In pratica ci hanno trasmesso, in modo organicamente documentato, la prima vera storia dell’umanità e delle sue credenze, una teologia fondamentalmente neolitica, agricola e al femminile.

 

 

Il klim viene dunque visto come un vero e proprio "documento tessile", di enorme importanza per la sua estrema arcaicità, leggibile attraverso un'operazione di decrittazione dei suoi simboli.

Basti pensare, a supporto di tale tesi, che secondo gli scritti di archeologi come James Mellaart (scopritore delle rovine della città neolitica di Catalhuyuk, di mercanti d'arte come John Eskenazi, di Bekis Balpinar (fondatrice e primo direttore del Wakiflar Museum di Istanbul, istituzione dedicata esclusivamente al tappeto e al klim anatolico) e Udo Hirsh (studioso della preistoria che risiede da decenni in Turchia e nel Caucaso), ci sarebbero notevoli assonanze (per non parlare di vere e proprie "riproduzioni") tra i simboli stilizzati dei klim antichi e i messaggi dipinti sulle pareti e nelle scuture ritrovate a Catalhuyuk, quasi sempre rappresentanti donne stilizzate nell’atto del generare; in molti casi, teschi di tori o più raramente cervi e montoni.

La produzione attuale dei klim, si è "volgarizzata" sia nella tecnica, sia, soprattutto, nel valore storiografico dei manufatti. Oggi infatti, i villaggi turchi sono diventati il centro di una produzione di Kilim destinata prevalentemente al commercio e all'esportazione.
I motivi e le decorazioni tradizionali sono stati per lo più dimenticati e sostituiti con motivi in gran parte dettati dai gusti occidentali. Inoltre sono stati del tutto abbandonati i coloranti naturali e vengono utilizzati generalmente quelli chimici.

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I Soumakh

Il termine Soumakh deriva probabilmente dalla città commerciale, situata nella regione caucasica di Shirwan, di Scemakha, nota anche per la produzione di un colorante rosso ruggine, di provenienza vegetale, impiegato nella tintura dei tessuti.

Il Soumakh infatti deve tutta la sua fama ai grandi tappeti tessuti in tutto il Caucaso negli ultimi secoli (basti pensare a quelli con il disegno 'a draghi', diventati pressocchè introvabili - e comunque inavvicinabili - dopo l'attacco di follia collettiva che una decina d'anni fa circa li fece diventare richiestissimi), mentre in Anatolia veniva usualmente usato soltanto come tecnica aggiuntiva (Cicim) per generare piccoli disegni, e soltanto più raramente (e solo in alcune zone dell'Anatolia occidentale) per produrre tappeti.

Contrariamente ai Klim, e pur appartenendo alla stessa loro categoria dei Tappeti Piatti, i Soumakh sono realizzati con una tecnica per la quale la tessitrice avvolge il filo colorato della trama sino a prendere quattro fili d'ordito sul lato anteriore del tappeto, facendolo poi tornare indietro di due fili sul rovescio, quindi ne avvolge ancora quattro, torna indietro di due, e così via...(oltre che 4/2 il rapporto tra avvolgimento frontale e posteriore può essere anche diverso: ad esempio 3/1, oppure 2/4 in alcuni sumak anatolici - fig. 5).

Questo procedimento viene effettuato, con i filati dei vari colori, per tutta la larghezza del tappeto; il 'ritorno' indietro di questa trama può essere effettuato sia mantenendo la stessa inclinazione che variandola: in questo secondo caso si ottiene un effetto 'a lisca di pesce' (vedi fig. 6).

In alcuni soumakh, inoltre, tra un 'avvolgimento' e l'altro di trama viene effettuato un passaggio di trama semplice (una volta sopra ed una sotto l'ordito da un estremo all'altro del soumakh) per stabilizzarne la struttura (fig. 7).

Sia l'ordito che la (eventuale) trama di rinforzo strutturale, comunque, vengono totalmente coperti dalle trame avvolgenti che disegnano il soumakh.

Possiamo quindi dire che i Soumakh sono come dei Klim con in più il "ricamo" del disegno...risulta evidente quindi, data la struttura del manufatto, che il Soumakh (contrariamente al Klim) non è un tappeto uguale se visto dai due lati, infatti presenta un dritto ed un rovescio, ed in particolare al rovescio, si possono notare una serie di "fili" (le trame) colorati  che vengono lasciati pendere sul retro. Anche da un punto di vista di spessore, robustezza e calore che generano, i Soumakh possono essere considerati "migliori" (anche se il termine in questo caso va inteso nella sua accezione meno letterale) degli altri tappeti piatti ed in particolare dei klim. Circa poi la "teologia antropoligica" che pervade la realizzazione dei Klim, va ricordato che i Soumakh (proprio come i tappeti annodati) non si limitano alla "dualità" trama-ordito, ma contengono anche una terza dimensione (il disegno delle trame) che, proprio come i nodi per i tappeti, rappresenta la contaminazione "umana" all'ancestrale simbolismo divino dei klim.

 

 

 

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