Storia e Geografia del Tappeto |
Le origini
Di fronte alla scarsità di reperti e manufatti antichi, dobbiamo necessariamente riferirci alle testimonianze degli storici, dei poeti, dei pittori e degli scultori per sapere che il tappeto faceva parte della vita quotidiana di antiche civiltà scomparse. Eschilo nel suo "Agamennone" fa camminare l'eroe su tappeti color porpora mentre Omero, nel IX secolo A.C., parla già di tappeti di grande valore e anche l'Antico Testamento, nei libri di Samuele e di Ezechiele, ne fa riferimento come di oggetti che si usava scambiare e commerciare tra i popoli e i regnanti dell'antica Tiro e di Israele. Lo splendore dei tappeti antichi è testimoniato anche da altre fonti letterarie, tra cui il Milione di Marco Polo, nel quale il viaggiatore veneziano esalta la suprema bellezza di alcuni manufatti annodati che ornavano le regge turche. Dai testi antichi comunque, si ha quasi sempre solo una panoramica più che altro "economica" del valore dei tappeti e quasi mai informazioni dettagliate sulle tecniche usate: lo stesso Eschilo ad esempio, ci informa che con un Kg. di argento si pagava un Kg. di tappeto e che in media, 1 mq. pesava circa 4 Kg.; Metello Scipione cita i tappeti di Babilonia, e ne parla come di oggetti che avevano un costo stratosferico, mentre lo stesso Nerone, si narra che avrebbe pagato cifre enormi per un esemplare. Pazyryk: La storia del tappeto ha inizio
Il più antico esemplare di tappeto fu ritrovato nel 1947 al confine tra la Siberia e la Mongolia, sui monti Altai, precisamente nella valle di Pazyryk, dalla quale prese il nome, in un tumulo "kurgan" apparternuto ad un capo sciita, interamente racchiuso nel ghiaccio e quindi per questo, quasi perfettamente conservato. Completamente in lana e con motivi raffiguranti una teoria di cavalieri e alci, questo esemplare è databile intorno al V secolo a.C. e, dato il luogo del ritrovamento, fa ritenere che in origine l'uso del tappeto si sia sviluppato nella zona del Turkestan, dalla quale, in seguito alle migrazioni, si sarebbe diffuso verso ovest in Persia, Caucaso e Anatolia, verso est in Cina e, più tardi, verso sud in India.
E' oggi conservato al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo e misura cm 200 x 183 ed è composto da 360.000 nodi di tipo turkibaft per metro quadrato. Il disegno è composto da un campo centrale e da una bordura divisa in due cornici principali delimitate da tre cornici secondarie. La cornice principale esterna, a fondo rosso, è decorata da una processione di cavalieri (sette per ogni lato proprio come la tradizione sciita, che erano soliti inumare sette cavalli per ogni capo morto), alcuni dei quali procedono in sella mentre altri marciano di fianco al loro cavallo bianco. Nella cornice principale interna, a fondo chiaro, si muovono ventiquattro alci rossi e gialli in direzione contraria ai cavalieri. Le cornici che delimitano la bordura presentano dei quadrati con all'interno un grifone. Il motivo floreale della cornice che separa la marcia dei cavalieri dal pascolo di alci ricorda la croce di sant'Andrea. Il campo centrale è diviso in ventiquattro quadrati a fondo rosso, con un disegno a forma di croce le cui estremità terminano con un fiore stilizzato. Una piccola cornice formata da piccoli quadratini colorati decorano ognuno dei ventiquattro quadrati.
Nonostante sia stato rinvenuto a migliaia di chilometri dalla Persia, secondo Rudenko, uno dei due studiosi Russi che scoprirono il manufatto, il tappeto è probabilmente di origine persiana, magari frutto della dinastia achemenide. Altri invece, ritengono che il tappeto fu eseguito avvalendosi del contributo dell'evoluta civiltà degli Urartei, fiorita in area armena. Presso tale popolo, infatti, la tessitura era quanto mai evoluta, come confermano sia gli scritti dello storico e geografo greco Strabone sia il rinvenimento di telai e frammenti di manufatti. Inoltre proprio nel regno di Urartu si usava estrarre il colore porpora dalla cocciniglia, tinta che compare con abbondanza nel tappeto di Pazyryk. Lo stesso Rudenko, alcuni anni dopo il ritrovamento del tappeto di Pazyryk, rinvenne, in un tumulo a Basadar (200 chilometri ad occidente dai cinque kurgan di Pazyryk), i resti di un tappeto annodato ancora più finemente del Pazyryk (circa 700.000 nodi per metro quadrato). Questa scoperta dovrebbe quindi dimostrare come le popolazioni altaiche, già nel V secolo a.C., utilizzassero i tappeti e fossero addirittura in grado di annodarne. Tra Storia e Leggenda: Il tappeto di Cosroe
Il grande sviluppo della lavorazione del tappeto avvenne nell'antica Persia e durante il regno di Ciro (sec. V A. C.) si realizzarono i primi tappeti tessuti con fili d'oro e d'argento; il culmine si raggiunge nell'epoca dei Sasanidi (225-600 d.C.). Scoperte più RecentiDopo la scoperta di Pazyryk, sporadici ma significativi ritrovamenti testimoniarono come nell'area mediorientale l'arte dell'annodatura continuò a fiorire. Sui rilievi di At Tar, ad esempio, non lontano dalla città irachena di Karbala, in grotte destinate all'inumazione dei defunti, furono rinvenuti brandelli di tappeti con doppio vello, cioè con nodi anche al rovescio. Databili tra il 250 ed il 650 D.C., furono probabilmente tessuti in area persiana e forse utilizzati per la sellatura dei cavalli, come sembra confermare la tecnica della doppia annodatura, quanto mai adatta per ridurre l'attrito. Nel Turkestan Orientale, presso il Lago di Lop Nur, sono stati riportati alla luce brandelli di manufatti annodati con le medesime caratteristiche, risalenti al lll-IV D.C. e ben conservati dalla sabbia del deserto.
Fortunatamente, a partire dal XIII secolo possiamo ricostruire la storia dei tappeti orientali non solo attraverso le parole di chi ebbe il privilegio di ammirarli con i propri occhi; infatti all'inizio del XX secolo, e precisamente nel 1905, nella moschea di Alaeddin a Konia, furono rinvenuti alcuni frammenti di epoca selgiuchide (le tribù che abitarono parte dell'Asia Centrale e del Medio Oriente dal XI al XIV secolo), e tale scena si ripetè poi nel 1925 all'interno della moschea di Eshrefoglu, a Beyshehir. Dall'anno 1000 all'invasione TimurideSotto il principato dei Selgiuchidi, stabilitisi nella loro capitale Merv (nell'attuale Turkmenistan) infatti, l'annodatura, ma più in generale, tutte le arti, assunsero sempre più importanza nella vita quotidiana dei popoli e cominciarono a propagarsi in Mesopotamia (attuale Iraq), in Asia Minore e toccarono i confini più settentrionali della Siria. Nacquero quindi, tra gli altri, i sultanati di Konia, Baghdad e Damasco, che diventarono ben presto centri assai importanti per l'arte e la decorazione. Nell'epoca successiva, quella Ottomana (dal nome del fondatore della dinastia, Osman I, 1299-1326), i tappeti mostrano una sostanziale continuità rispetto a quelli anatolici del periodo selgiuchide. Quando intorno agli anni '20 del XIII secolo i Mongoli guidati da Genghis Khan devastarono tutta l'Asia centrale e orientale, tutto rischiò di andar perduto per sempre, se il Suo successore, Ogodei, non fosse stato attratto dalla cultura iranica e non avesse favorito l'islamizzazione dei conquistatori che, alla metà del sec. XIII, a loro volta accolsero le scienze e le arti iraniche;
Stessa cosa, per fortuna, avvenne intorno alla metà del sec. XIV con la seconda invasione mongola condotta da Timur Khan (Tamerlano), il quale diede un forte impulso all'arte del tappeto annodato e alle arti in generale, tanto da poter essere considerato il precursore dei famosi tappeti Moghul (il Suo diretto discendente Babur fu il fondatore dell'impero Indiano) e dei celeberrimi Bukhara; significativo era poi il valore attribuito al suo Tappeto "Imperiale": si racconta infatti che in assenza del "Grande Emiro" (Tamerlano non assunse mai un titolo più altisonante di questo, per ribadire costantemente il fatto che governava soltanto in nome del Gran Khan dei Mongoli), il tappeto aveva funzione di sostituto e le legazioni straniere dovevano baciarlo e fargli atto d'ossequio. Con la morte di Tamerlano il fiorire dell'arte del tappeto annodato era ormai destinato ad altre patrie: i Mamelucchi prima e i Safavidi poi, ne diventarono i principali protagonisti.
Il continuo "mescolarsi" di culture, dominazioni, popoli e tradizioni, si riflettè comunque anche nella produzione del tappeto, che cominciò ad accogliere motivi d'estremo oriente, strane decorazioni e animali favolosi d'origine cinese, ma stilizzati secondo una concezione iranica. I centri di produzione erano ormai sparsi nell'Asia Minore, nell'altipiano armeno e nella regione del Caucaso. Nella Persia, ora "mongola", i disegni del XV secolo offrivano già l'elaborato medaglione floreale, ispirato inizialmente da miniature Timuridi. Nell'anno 1478 la ribellione dei principi dell'Azerbaigian portò al trono la dinastia dei Safavidi, il cui "capo", col titolo di "Shah" diede inizio ad un regno che durò sino al 1736. I Safavidi e l'arrivo in Occidente
Quello di Abbas I il Grande (1557-1629) fu un periodo di vero splendore culturale e artistico, senz'altro paragonabile al Rinascimento Italiano in Europa. Il XVI secolo infatti, viene considerato il secolo d'oro del "Tappeto Persiano" e, se per noi oggi, il concetto stesso di tappeto è inscindibile dall'aggettivo "persiano", molto probabilmente lo si deve a questo grande imperatore mecenate, che diede un impulso senza pari al culto della bellezza in generale, e all'arte del Tappeto in particolare. La scoperta della rotta navale attorno all'Africa, consentì alla Persia e all'Europa di entrare in contatto senza la mediazione della Turchia, tradizionale nemico comune. Il commercio, in particolare quello della seta, si spostò così verso il Mar Caspio, contribuendo notevolmente alla formazione di un forte Stato persiano, grazie anche agli accordi con la Compagnia Britannica delle Indie Orientali e la Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Lo splendore della corte del "Gran Sophi", come era chiamato in Europa il sovrano safavide, divenne proverbiale. Affluirono verso la nuova capitale safavide Isfahan mercanti, diplomatici e missionari. Isfahan fu abbellita da magnifici edifici costruiti secondo un avanzato piano regolatore, di cui restano notevoli testimonianze. Anche la rete stradale del regno fu notevolmente sviluppata e migliorata. Il carattere di Shah Abbas I non era però incline alla pietà. Aveva fatto accecare due fratelli per avere via libera al trono e la sua paura per complotti ai suoi danni non risparmiò neanche il figlio maggiore Safi, che fece uccidere a sangue freddo. Spaventato, poi, dagli astrologi che prevedevano l'assassinio del re di Persia nell'anno 1000 dell'Egira (1591-1592) abdicò temporaneamente, mise sul trono Yusuf che fece assassinare, e si riprese quindi la corona.
All'Europa comunque, la seduzione del tappeto orientale venne rivelata dai mercanti e viaggiatori italiani. Già nel sec. IX i veneziani vendevano i tappeti alla corte di Pavia, in alcune pitture trecentesche toscane possiamo vedere i tappeti orientali dipinti con grande maestria. Il commercio del tappeto si propagò anche ai fiorentini e ai pisani, ma non è da escludere che vi partecipassero anche i genovesi. Tra il XIV ed il XV secolo L'Italia (ed in particolare la Serenissima Repubblica di Venezia) diventò il primo importatore di Tappeti Orientali, e il possesso dei tappeti non fu più privilegio dei soli patrizi, ma anche dei modesti borghesi. In occasione di feste religiose, civili o carnevalesche si stendevano i tappeti lungo le calli e come ornamento delle gondole. A partire dalla metà del XVIII secolo, la produzione iniziò la sua fatale decadenza come pura manifestazione d'arte, rimanendo sempre salva l'eccellenza della tecnica. Con l'affermarsi della supremazia politica degli Ottomani, l'importanza dell'Asia Minore, come centro culturale, artistico e industriale, fu addirittura "incentivata" e, tra le "arti" più favorite, ci furono proprio le arti tessili, che nei riguardi del tappeto annodato, offrirono esemplari che presero il nome di "Tappeti Anatolici". Ciò determinò una notevole diffusione del tappeto anche nei paesi dell'Europa Orientale, che si verificò dal XIV al XVII secolo, con l'invasione turca. Ai Timuridi invece, che governarono l'India, va ascritto il merito della diffusione del tappeto annodato in questa ultima immensa regione dell'Asia (Tappeti Moghul): i primi esemplari, annodati nel XVI secolo, nei motivi ornamentali rivelano influenze persiane. Nel XVII secolo invece, diventa "di moda" il tappeto figurato e ad animali. Ritornando all'Europa, dopo il Cinquecento, forse anche in seguito alla scoperta delle Americhe che diventarono la prima "occupazione" degli stati e dei regnanti europei, l'interesse ed il gusto per il tappeto orientale si affievolì. Fu solo dopo la grande esposizione tenutasi a Vienna nel 1891, che gli europei tornarono con entusiasmo al tappeto orientale, subito seguiti dagli americani. Da allora, abili commercianti recatisi nei centri di produzione, iniziarono l'incetta dei tappeti per inviarli nelle capitali di Europa e d'America, dove incontrarono subito le simpatie degli occidentali, i quali non tardarono ad esigere una produzione consona per formato e per disegno, ai loro ambienti. Così indussero i produttori orientali a modificare le dimensioni, e qualche volta anche i disegni e i colori. La troppo sollecita adesione ai desideri dell'importatore europeo portò alla decadenza della secolare arte del tappeto: l'annodatore orientale non si senti più affascinato dall'opera che le sue mani abili e pazienti venivano creando, l'arte diventò un'industria, così che non tutti i tappeti tolti dai telai in questi ultimi cinquanta anni possono vantare l'accurata fattura di un tempo. Tuttavia ancora oggi si possono trovare ottimi tappeti sia di vecchia sia di nuova fattura. Atlante Storico
La Storia del tappeto quindi parte (almeno a quanto ci è dato sapere oggi) dalle popolazioni scite che, partendo dal nord dell'attuale Iran, in seguito al nomadismo che le contraddistingueva, si spostarono fino all'attuale Siberia, (ritrovamento di Pazyryk) a nord, e nel resto dell'Asia, fondendosi con le realtà locali, apprendendo e contribuendo a nuove tecniche di realizzazione sempre più elaborate, che ebbero il loro culmine, probabilmente, nel periodo della dinastia Safavide Persiana (1501-1736), della quale, per fortuna ci sono arrivati alcuni esemplari di eccezionale fattura.
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