Persia Stampa

L'Iran, conosciuto fino al 1935 come Persia, è un paese mediorientale, diviso in 30 province, grande circa cinque volte l'Italia e oggi noto in tutto il mondo soprattutto per essere uno dei paesi con la maggiore riserva di petrolio del pianeta (petrolio tra l'altro di eccellente qualità) e per essere diventato, nell'immaginario di molti e nel corso dei secoli, il paese principale tra i produttori di tappeti, tanto da essere spesso associato indissolubilmente all'idea stessa di Tappeto Orientale, che per trasposizione lessicale, diventa spesso "Tappeto Persiano". 

Come abbiamo visto nelle altre sezioni del sito,  ciò è successo soprattutto grazie al regno ed all'influenza della dinastia safavide, che nel XVI secolo, in pieno rinascimento persiano, volle sviluppare le arti, ed in particolare quella tessile, creando vere e proprie scuole, dislocate in tutto il paese, e condotte da valenti artisti.

Da Tabriz, Isfahan, Kashan, Kerman, Shiraz, Herat e Yazd, uscirono capolavori di ineguagliabile bellezza destinati a suscitare l'ammirazione anche del mondo occidentale, al punto che in Europa le principali case regnanti e le famiglie più ricche e prestigiose fecero a gara per acquistare un tappeto prodotto nella lontana e favolosa Persia.

E' per questo, oltre ovviamente alle caratteristiche peculiari delle popolazioni spesso tribali che abitavano le varie città, che ogni zona di produzione cominciò ad elaborare disegni, colori e tecniche molto diverse le une dalle altre. Si cominciarono a codificare una serie di caratteristiche, contraddistintive di ogni produzione, che ancora oggi ci permettono di catalogare un tappeto, come proveniente da, ad esempio, Tabriz piuttosto che da Shiraz, e per lo stesso motivo, i nomi dei tappeti non sono altro che i nomi delle città (o più spesso delle aree) nelle quali questi vengono annodati.

I Capolavori Assoluti

Ancora oggi non possiamo che rimanere estasiati di fronte ad alcuni di questi eccezionali manufatti, conservati in importanti musei. Va ricordato innanzitutto il favoloso tappeto di Ardebil, anche se sarebbe più giusto parlare della "coppia di Ardebil" (dato che di due esemplari in coppia si tratta) che si possono ammirare uno al Victoria and Albert Museum di Londra e l'altro al County Museum di Los Angeles.

 

 

Deve il suo nome al fatto che fu ritrovato nella moschea di Safi ad-Din della città di Ardebil, anche se con ogni probabilità venne annodato intorno al 1540 presso le manifatture di Kashan, così come testimoniano la qualità della lana usata, l'elevata densità e il tipo di nodi (caratteristico dei laboratori di quella zona), nonché l'iscrizione del cartiglio, posto all'estremità del capolavoro. Vi si legge che il tappeto fu realizzato dal maestro Maqsud di Kashan nell'anno 946 dell'Egira (emigrazione di Maometto dalla Mecca a Medina), corrispondente appunto al 1540 dell'era cristiana.

Osservando l'esemplare si coglie nel contempo un senso di maestosità e di sublime armonia. Ha infatti dimensioni rilevanti (11,52 m x 5,34 m) ed è riccamente adornato in ogni sua parte da infiniti disegni che sembrano dilatarne ancora di più la superficie.

 


Sempre nelle manifatture di Kashan, nel 1543 fu annodato un altro esemplare safavide di eccezionale bellezza, che oggi si può ammirare al Museo Poldi Pezzoli di Milano. È noto con il nome di "tappeto da caccia" perché rappresenta un gruppo di cavalieri che sta inseguendo la preda in sella a baldanzosi destrieri. I soggetti si stagliano su uno sfondo a fiori, con tralci e palmette molto simili a quelli del capolavoro di Londra, anche se eseguiti con una maggior rigidità di contorni. Anche qui al centro risalta uno splendido medaglione rosso ripreso nei cantonali d'angolo. Il capolavoro colpisce per la vivacità e la raffinata intonazione dei colori e per la ricercatezza esecutiva, poiché conta ben 4100 nodi per ogni decimetro quadrato. Pregevoli i materiali: cotone per la trama, doppi fili di lana per il vello e doppi fili di seta per l'ordito.

top

Polonaise e Portoghesi

Nel corso di tutto il Seicento molti capolavori safavidi furono commissionati dalla corte per essere poi donati alle case regnanti europee, con cui i sultani intrattenevano rapporti diplomatici.

Questi manufatti, destinati a stupire gli interlocutori stranieri, dovevano risultare particolarmente sfarzosi e d'effetto, e per questo vennero solitamente realizzati utilizzando preziosissime sete annodate con fili d'oro e d'argento. La loro decorazione, a motivi floreali o a scene di caccia, è ricca e opulenta, mentre meno accurata risulta l'esecuzione tecnica, così come talvolta i colori troppo chiari non possiedono quell'armonia tonale tipica dei migliori esemplari del periodo.

Questi tappeti furono successivamente denominati Polonaise, poiché nel 1878 il principe polacco Czartorysky ne presentò molti esemplari della sua personale collezione all'Esposizione Universale di Parigi.

Sempre nel corso del Seicento vennero realizzati anche i cosiddetti "tappeti portoghesi", che sul campo rappresentano navi con barbuti marinai vestiti all'occidentale. Riproducono infatti i navigatori lusitani che, dopo aver costituito una base commerciale a Hormuz, solcavano sempre più frequentemente le acque del Golfo Persico.

 

I Tappeti di Herat

Nel 1722 gli Afghani deposero l'ultimo imperatore safavide e conquistarono tutta la Persia fino ad Isfahan.

I nuovi dominatori scelsero la città di Herat come capitale, dando ulteriore impulso alle manifatture locali, già prospere in epoca safavide. Nella storia del tappeto persiano iniziò così un nuovo periodo, contraddistinto da una serie di significativi cambiamenti, soprattutto in ambito decorativo. Acquistò una netta preponderanza il motivo detto herati, di origine safavide, costituito da un rombo centrale dai cui vertici si protendono disegni floreali a palmetta.

In precedenza era sempre stato usato con una certa parsimonia, mentre i nuovi dominatori lo riprodussero frequentemente sia per decorare il campo, sia per le bordure, dove spesso veniva alternato al disegno a fascia di nuvole. Lo stesso motivo fu anche utilizzato per un nuovo tipo di iconografia in esemplari dall'andamento direzionale verticale con impianto detto "a vaso", poiché proprio da un vaso si diparte una raffinata griglia floreale a steli con disegni herati.

top

Dall'ottocento ai giorni nostri

L'Ottocento segnò una serie di significativi cambiamenti nell'ambito della produzione persiana, che cominciò a volgersi con un interesse via via sempre più preponderante alla committenza straniera, in particolare europea e statunitense.

Contemporaneamente sul territorio iniziarono a operare compagnie commerciali a capitale straniero, tra cui la svizzera Ziegler, che controllavano le locali manifatture e vendevano in Occidente i loro prodotti. La realizzazione di tappeti in serie si diffuse sempre più e portò inevitabilmente a uno scadimento qualitativo degli esemplari, realizzati spesso con l'ausilio di sistemi industriali, come le filatrici meccaniche, e con colori sintetici all'anilina.

D'altro canto, l'apertura verso nuovi mercati portò anche alcuni positivi cambiamenti, poiché per soddisfare i nuovi acquirenti i maestri introdussero motivi decorativi e formati inediti, come nel caso dei pregevoli Sarouk americani.

E' vero inoltre che in Iran l'occidentalizzazione dei tappeti e la loro produzione in serie non provocò mai effetti cosi negativi come in altri Paesi orientali, come ad esempio la Turchia. Questo anche grazie a una serie di leggi che tentarono dì arginare alcuni tra i più deleteri effetti dell'industrializzazione con sanzioni a volte molto drastiche. Nel 1903, ad esempio, lo scià Nasser-ed-Din emanò un provvedimento che puniva con il taglio della mano destra gli artigiani che utilizzavano tinte chimiche all'anilina.

Questa scelta di salvaguardare la buona qualità dei tappeti persiani continuò anche nel XX secolo e conobbe nello scià Reza Pahlavi uno dei più convinti sostenitori. Fu proprio lui, nel 1936, a fondare la Compagnia Nazionale del Tappeto (Sherkate Farsh) che, con l'intento di recuperare le migliori tradizioni dell'antica produzione persiana, svolse nel Paese una capillare opera di controllo e di organizzazione, promuovendo corsi in cui si insegnavano le antiche procedure di colorazione naturale e i tradizionali motivi decorativi, scegliendo laboratori per preparare filati di qualità, selezionando manifatture in città e in campagna a cui poi venivano fornite ottime materie prime e cartoni rigorosamente controllati.

La scelta si rivelò proficua e lungimirante, costituendo uno dei più importanti motivi per cui, anche ai nostri giorni, nell'ambito dell'intera produzione orientale i tappeti persiani sono sinonimo di ottima qualità.

 

La cartina che segue, riproduce molte città produttrici di tapperti; tramite essa, potremo anche renderci conto delle affinità e delle differenze che la vicinanza o la distanza geografica, comporta nella realizzazione dei manufatti.

 

Zoom Processing, please Waitfullscreen

 

Nella seguente tabella, cliccando sui link dei nomi delle città, una guida più o meno esaustiva su come riconoscerli....

Work in Progress...

AbadehAfsharAhar Arak
Ardakan
Ardebil
Asadabad
Azerbaijan
BakhshayeshBakhtyarBaluchi
Bibikabad
Bijar
BirjandBorchalluBorujerd
Chahar Mahal
Darjazin
Dorokhsh
Enjilas
Farahan
Ferdos
Gabbeh
 Garadjeh
Golpayegan
Goltogh
 GorevanGouchan
 HamadanHeritz
 HosseinabadIsfahan
Joshagan
Jozan 
 Kabutar Ahang
 Karadagh
Kashan
Kashkay KashkulyKashmar
 KelardashtKermanshah KhamsehKhorassan
Kirman 
 Koliaey   
    
    

 

top