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I tappeti venuti dal freddo Stampa E-mail

 

(fonte tappetimagazine e http://www.kaiku.com/ryijy.html)

Il tradizionale tappeto scandinavo è il rya, molto simile ad un tappeto orientale annodato. E’ costituito di file di trama alternate a file di nodi in lana. I nodi dei rya sono maggiormente spaziati rispetto a quelli di un tappeto orientale, sono più grandi e i capi sono lasciati più lunghi. Ne risultano manufatti che possiedono grande flessibilità e un vello particolarmente lungo.

 

(Svezia, 1930)

 

I primi rya dei quali siamo a conoscenza sono stati trovati in Norvegia e risalgono ai primi del Quattrocento. Erano manufatti rozzi e pesanti, ancorché caldi e morbidi, usati nelle case dei pescatori come coperte per il letto, con il lato annodato rivolto verso il corpo, in alternativa alle pellicce. Questi rya, usati anche nei castelli svedesi del XVI secolo, sempre come coperte, erano usualmente monocromatici, solitamente gialli, neri, grigi, o bianco naturale.

Di questi tappeti restano ben poche tracce, cosa del tutto comprensibile se si considera che questi manufatti erano davvero destinati all’uso ed eseguiti nel meno durevole tra tutti i materiali tessili grezzi, la lana di pecora.

Dalla fine del XVI secolo questi manufatti divennero più leggeri e più decorati, più facilmente lavabili e amovibili, diventando in voga presso la nobiltà che li usava per coprire il pavimento o come arazzi nelle feste, mentre la servitù e le classi inferiori continuarono ad usare i rya come copertura per il giaciglio.

Fino al XVIII secolo la decorazione interessava principalmente la faccia priva di vello ed era costituita da semplici disegni formati da trame di vario colore.

I rya erano prodotti nelle fattorie di nobili di campagna e piccoli proprietari terrieri, e anche nelle sedi dell’ordine monastico femminile di Santa Brigida, in quantità sufficiente per permetterne l’esportazione in Germania e in Gran Bretagna.

 

(Norvegia, primi del '900)

 

In Norvegia sono noti anche esemplari “doppi”, i cosiddetti ryen, alcuni tessuti, nei quali anche il rovescio presenta un vello annodato.

In Finlandia i rya (localmente ryijy) conobbero un ulteriore sviluppo nei colori e disegni; i più antichi di essi risalgono al 1700.

 

(Finlandia, metà '800, fonte: fiberarts.com)

 

Il rya finlandese è più grande degli altri equivalenti scandinavi, talvolta realizzato cucendo insieme due pezzi.

Esistevano annodatori professionisti che si spostano nelle cittadine e nei villaggi con i loro telai offrendo i loro servigi. Solitamente i rya venivano commissionati per essere donati ad una coppia in procinto di sposarsi; durante la cerimonia del matrimonio i giovani si inginocchiavano sul rya per scambiarsi le promesse nuziali. Il tappeto colorato era poi posto nella loro abitazione a ricordare il giorno del matrimonio e diventava un cimelio di famiglia da tramandare alle future generazioni.

I decori di questi esemplari sono solitamente geometrici, talvolta naturalistici; a volte riproducono paesaggi o edifici, talvolta animali. Spesso sono presenti le immagini stilizzate dei prossimi sposi ed è indicato l’anno del matrimonio. Frequente anche l’Albero della Vita a significare la continuità familiare.

 

(Finlandia, 1708, fonte: kaiku.com)

 

(Finlandia, 1925)

 

Le tinture erano vegetali: molto usato il rosso dei lamponi, che veniva preparato a Vesilahti, diventando così il “vesilahtelainen väri” o colore di Vesilahti.

 

(Vesilahti, 1722, fonte: kaiku.com)

 

Nella Svezia alla fine dell’Ottocento l’Unione per lo Sviluppo del Lavoro Domestico ha tentato di richiamare l’attenzione sugli antichi tappeti annodati indigeni sopravvissuti per dare impulso alla ripresa della loro realizzazione nell’ambito del lavoro domestico contadino.

 

(Svezia, prima metà del '900)

 

Due erano le tecniche usate nell’annodatura svedese dei rya. Una di esse coincide sostanzialmente con l’annodatura orientale, con la particolarità che il filo di lana da annodare è preso doppio, così che come risultato di ogni singola annodatura non sporgono in alto soltanto i due capi di un filo semplice, ma due capi e un’asola, che non viene tagliata. In realtà, la principale differenza rispetto ai tappeti annodati orientali consiste nel fatto che le singole file di nodi non si susseguono fitte una dopo l’altra, ma sono sempre separate l’una dall’altra da un gran numero (8-10) di fili di trama.

Tuttavia in Svezia venivano fabbricati tappeti anche mediante una tecnica un po’ diversa, che si differenzia nella sostanza dall’annodatura orientale, e non può neppure essere propriamente chiamata annodatura, in quanto ogni singolo ciuffo di lana viene soltanto passato attorno ai fili d’ordito, cui non risulta troppo ben fissato. Per tenere fermi al loro posto i ciuffi di lana è necessaria una trama straordinariamente tesa e pressata. Inoltre, per impedire che i fili di lana così inseriti si sfilino con facilità, essi vengono usati tripli, così da produrre un vello del tutto regolare, che dal punto di vista della consistenza esterna risulta più vicino al tappeto orientale di quanto non avvenga per gli altri tappeti sopra descritti, che sono invece davvero annodati.

Il carattere complessivo dell’antica annodatura svedese di tappeti rimanda evidentemente a un lavoro domestico autoctono molto primitivo, che non ha nulla a che fare con l’elaborato sviluppo tecnico e ornamentale di certi tappeti orientali.

 

(Svezia, metà '900)

 

I rya sono realizzati anche al giorno d’oggi, con disegni tradizionali o più moderni. Addirittura, per annodarli sono anche disponibili kit che non richiedono l’uso del telaio.

 

(Svezia, 1960)

 

In conclusione, possiamo affermare che è esistita un’annodatura di tappeti indigena dell’Europa, indipendente da quella orientale, e che essa è rimasta viva in Scandinavia fino ai giorni nostri, non praticata professionalmente o tantomeno in laboratori, ma all’interno del sistema del lavoro domestico prevalentemente rurale.


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Il simbolismo nei manufatti Cinesi Stampa E-mail

Fonte Tappetimagazine (by Freddy)

Mentre nel vicino oriente , vedi Persia, Anatolia e quant'altro, il simbolismo e' fondamentalmente comune o uniforme, il simbolismo cinese e' caratterizzato dalle culture locali che si esprimono con ideogrammi e disegni molto particolari.

Questi semplici decori rivestono grande importanza in quanto si riferiscono sempre alla vita religiosa, fantasiosa , di tutti i giorni di questo meraviglioso popolo che ancora a tutt'oggi e' circondato da un alone di fantasia e mistero.

Molti dei simboli che andremo ad analizzare, sono successivamente con le invasioni mongole traslati presso gli annodatori del Caucaso, Anatolia, Persia ecc. anche se hanno perso la loro forma originale e sono del tutto stilizzati, tolto qualche raro esempio.

Ne e' tipico esempio il simbolo del Drago, che a volerlo riconoscere in alcuni tappeti ce ne vuole.... e solo l'arguzia dei primi studiosi e' riuscito a riconoscerlo: ma ne siamo certi, sicuri?

Per i cinesi è un animale buono che sovraintende all'elemento acqua e quindi e' foriero di pioggia nei campi, provvedendo al rinnovo della natura con le stagioni: è rappresentato come un serpente alato ed incarna potenza, giustizia e regalità imperiale. Bisogna fare molta attenzione al numero degli artigli: se ne ha 5, rappresenta l'origine divina del potere imperiale; con 4 invece, rappresenta la dignita' nobiliare.

L'immagine a lato è quella di un Ningxia: presenta un fondo blu che rappresenta l'Oceano ovvero l'Acqua e si intravede il Monte Meru, montagna sacra. Sono presenti 5 draghi "nuvoleggianti" (non ricordano vagamente "le nuvole del Kazak"?) quasi a protezione dell'acqua, fonte della vita e di un luogo sacro.

D'altronde anche nelle varie mitologie a noi piu' vicine c'era sempre un drago a custodire o proteggere, anche a tenere prigioniero qualcuno o qualcosa.

L'area di Ningxia è particolarmente importante per la simbologia di questo tipo di tappeti: è inserita nella provincia di Gansu dove venivano annodati i tappeti d'epoca piu' importanti.

Attualmente in quella area giungono i tappeti da TAIYUAN , XINING, LANCHOW e SUZHOU.

Forse la qualita' di questi tappeti era richiesta in quanto l'intera regione e' stata oggetto di insediamento di alcune comunita' musulmane.

Nel campo del simbolismo animale possiamo quindi fare un raffronto con i Foo-Dogs (cani di Foo). Sono animali mitici, molto protettivi: erano i guardiani dei Templi Buddhisti e venivano posti all'entrata del Tempio per proteggerlo. Questa funzione e' ancora in uso e vengono posizionati all'entrata delle abitazioni per tenere fuori gli spiriti maligni ed hanno la forma di un leone, in quanto era animale sacro a Buddha: addirittura in Korea sono denominati I Leoni di Korea.

I cani sono in coppia proprio a raffigurare la potenza e la vita: Il maschio ha sotto la zampa il globo terraqueo (la forza e potenza), la femmina un cucciolo (la vita).

La cosa strana e' che questi simboli, mentre per i cinesi sono forieri di vita e benessere, per il mondo occidentale, (vedi il drago per esempio), rappresentano il maligno.

Altri esempi di simbolismo animale sono il cavallo, coraggioso e quindi assimilato al guerriero che lo cavalca e combatte. Molti gli uccelli: cicogne, gru, oche, rondini ognuno con un suo carattere iconografico tipico, che va dalla longevità alla fedeltà.

Anche il pipistrello, strano a dirsi, era foriero di gioia e belle notizie: il suo nome in cinese (credo mandarino, ma su questo perdonate la mia ignoranza) e' Bianfu, in cui "FU" e' la gioia, la felicita'.

Celebrare la natura rappresenta per il popolo cinese , come credo anche per tutti i popoli dell'Estremo Oriente, l'esaltazione della vita umana: il risveglio della natura, il cambio delle stagioni vanno di pari passo con il trascorrere della vita terrena.

Ecco allora l'esaltazione dei fiori: il fior di loto, sacro a Buddha, preannuncia la gioia dell'estate; il fiordaliso e' augurale per l'inverno; il fior di pesco che germoglia in primavera, rappresenta la rinascita della vita; per ultimo il crisantemo che indica la longevita' e vecchiaia del genere umano.

La simbologia dei fiori, senza dimenticare la peonia ed il bambù, esempi di agiatezza il primo e coraggio il secondo in quanto si flette, si piega, ma non si spezza, sono disegni rappresentati non solo sui tappeti, ma anche su altri oggetti d'arte.

Basta infatti notare il vaso fotografato a lato: di epoca Ch'ing (fine '800) in porcellana finissima, non notabile in foto, a decori blu.

Da notare il carattere naturalistico, rappresentato da peonie e volatili non facilmente identificabili in quanto recano le caratteristiche di vari uccelli: potrebbe trattarsi di un trampoliere di fantasia, di un gallo cedrone: per quanto riguarda il piu' grande, alcuni studiosi dicono che trattasi della Fenice. Anche i manici sono rappresentati da 2 foo-dogs stilizzati.

Per concludere l'argomento della simbologia rappresentata sui tappeti cinesi, prendiamo in considerazione il simbolismo dei fenomeni naturali e quello religioso. Fra tutti i fenomeni naturali rappresentati, quello che piu' ci colpisce e' quello della nuvola, indicatrice della potenza imperiale: questa manifestazione puo' essere indicata come una collana di nuvole ed e' rintracciabile anche in molti annodati caucasici ed anatolici.

E' interessante notare che anche in altre simbologie , come quella ebraica in cui Dio e' rappresentato da una nuvola, oppure in molte icone Bizantine e poi russe nello stesso modo, la presenza di una nuvola rappresenta la massima Entita'. Ovviamente per i Cinesi all'epoca l'imperatore era di origine divina e con questo si spiega il motivo della nuvola in quanto e' la massima espressione dell'altezza, quindi nel cielo vicino agli dei.

Altro importante argomento e' la simbologia nelle dottrine taoiste, buddiste e del confucianesimo.

Il principale simbolo taoista è quello dello "Yin e Yang": Esprime il concetto del dualismo, della contrapposizione (tanto rappresentata specialmente nei tappeti caucasici) in cui Yang e' l'uomo, la forza, l'ardore, la spietatezza e Yin il femminile, l'amore, la misericordia, la maternita'.

La dottrina buddista, diffusa in Cina con il nome di VAJRAYANA, e' simboleggiata maggiormente da simboli naturalistici e beneauguranti quali il fior di loto, i pesci, il pino ed il nodo infinito.

Questi segni alcune volte stilizzati oppure rappresentati normalmente, compaiono anche nei tappeti orientali piu' vicini a noi: tutti avranno avuto modo di notare il fiore di loto in tappeti persiani oppure il pesce piu' o meno stilizzato. Ma il piu' interessante, per me, e' il "nodo infinito" come un otto coricato: c'e' anche una variante che e' la "S" nelle varie posizioni in cui e' quasi la meta' di un "nodo infinito" ma rappresenta sempre un segno divino o di fortuna.

Volendo fare quindi un raffronto fra il simbolismo religioso rappresentato sui tappeti e le altre forme artistiche prendiamo come esempio la lavorazione delle porcellane cinesi.

Il culto della Guanyin, ad esempio, fu introdotto in Cina agli inizi del I° secolo e rappresenta la dea della Compassione e della Misericordia; inoltre rappresenta anche la Dea della protezione delle partorienti e dei bambini: ha sempre una brocca d'acqua nella mano sinistra oppure una specie di cornucopia, ma la cosa piu' interessante e' questa: il suo vero nome e' "GUAN-SHI-YIN". Dovreste ricordare il famoso suffisso Yin di cui avevamo parlato prima nella famosa duplicazione o contrapposizione sui tappeti: lei e' infatti il simbolo femminile e rappresenta appunto l'amore, la dolcezza. Di origine Taoista e' stata poi adottata anche nel Buddismo.

Altro importante pezzo di antiquariato da raffrontare con la simbologia dei tappeti e' questo vaso in purissima porcellana, sempre XIX secolo, in cui viene rappresentata l'imperatrice con le sue ancelle. Anse scolpite raffiguranti due cani di Foo. La cosa da notare e' la presenza del pino sovrastante la scena come a protezione dell'Imperatrice.

Il pino ha la funzione delle nuvole (ovvero la protezione divina) e soprattutto e' un albero puro secondo la dottrina buddista. Spesso troviamo il simbolo del pino o del cipresso proprio su molti annodati medio-orientali.

Lungi dall'aver trattato compiutamente l'argomento del simbolismo artistico cinese, spero di avervi dato qualche interessante spunto di riflessione.

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I Tappeti del Turkestan Orientale (2° parte) Stampa E-mail

 

(fonte tappetimagazine.blogspot.com e per gentile concessione di A. de Reviziis e Paolo)

La tradizione dell’annodatura nel Turkestan orientale risale sicuramente ad epoche remote; anzi, questa regione potrebbe essere la culla di quest’arte, come testimoniato dall’abbondanza di antichissimi reperti che si sono conservati sotto le sabbie dei deserti locali.

Nel museo della città di Urumchi, capitale dello Xinjiang, è conservato un tappeto attribuito alla dinastia Han rinvenuto nel corso di scavi presso Khotan, datato dal carbonio-14 tra il 350 a.C. e il 250 d.C. Il manufatto apparteneva probabilmente al “Popolo della Grande Luna”, probabilmente imparentato con gli stessi Sciti a cui si deve il tappeto di Pazyryk. Il tappeto, un quadrato di circa 70 cm per lato, era probabilmente utilizzato come sella.

 


(da: rugreview.com)

Nei pressi delle oasi sono stati ritrovati anche frammenti di tappeto, databili tra il II e il VI secolo d.C., annodati con il nodo simmetrico e con quello cosiddetto spagnolo.

In generale gli antichi tappeti venivano annodati per ricoprire il kang delle dimore nobiliari, una piattaforma leggermente rialzata, una sorta di divano, sotto la quale c’era un focolare per il riscaldamento; i tappeti erano anche destinati a coprire il pavimento e ad essere appesi alle pareti (in particolar modo quelli figurati).

Nati per soddisfare una richiesta d’elite, potevano anche essere molto sfarzosi; ecco perchè a volte un filo di rame placcato d’oro o d’argento veniva ritorto assieme a pura seta, per costituire un vello ricchissimo e luminoso.

La maggior parte della produzione del Turkestan orientale era concentrata nelle oasi di Khotan, Yarkand e Kashgar. Data la grande somiglianza strutturale e l’uniformità dei disegni, l’attribuzione dei tappeti alle singole oasi è basata principalmente sulle caratteristiche strutturali dei manufatti e solo secondariamente sul disegno.

Oasi di Khotan.

E’ la produzione più recente (databile dalla fine del XIX secolo) e al contempo la più varia e la più numerosa. Nell’oasi i tappeti erano principalmente annodati in lana; gli esemplari in seta o in seta e filo metallico erano in numero limitato e di qualità nettamente inferiore rispetto a quelli di Yarkand e Kashgar.

Ordito: cotone bianco, raramente tinto di azzurro o giallo.

Trame: lana marrone negli esemplari più antichi; cotone bianco talvolta alternato a lana o iuta nei tappeti più recenti. Tre passaggi ogni fila di nodi, raramente due. Trame in seta negli esemplari più fini.

Vello: lana, rasatura medio-bassa.

Nodo: asimmetrico aperto a sinistra; 500-1500 nodi/dmq per i manufatti in lana.

Oasi di Yarkand.

Produzione di esemplari in lana e di pochi, ma raffinatissimi, tappeti in seta.

I tappeti di Yarkand sono caratterizzati da alcuni particolari strutturali che li differenziano dalle altre due produzioni. La tavolozza cromatica usa spesso colori molto contrastanti.

Ordito: cotone bianco, talvolta tinto di azzurro o giallo.

Trama: cotone frequentemente tinto d’azzurro o naturale bianco, raramente giallo. due passaggi ogni fila di nodi, raramente tre. Seta negli esemplari più fini.

Vello: lana, rasatura medio-bassa.

Nodo: asimmetrico aperto a sinistra, 500-1400 n/dmq per gli esemplari in lana.

Oasi di Kashgar.

Delle tre produzioni principali di tappeti questa è senz’altro la più difficile da circoscrivere e definire. Produzione numericamente inferiore a quelle di Yarkand e Khotan, è però solitamente di raffinata qualità.

Piuttosto frequenti sono i susandschird, con inserti eseguiti in filato di seta laminato in argento o rame argentato avvolto intorno agli orditi, che si prestava all’esecuzione di disegni complessi, che risentono dell’influenza dei motivi di decoro persiani e cinesi. La maggior parte degli esemplari vengono attribuiti ad un’epoca anteriore alla metà del XIX secolo. I colori sono più delicati rispetto a quelli delle altre due produzioni.

Ordito: cotone bianco, talvolta tinto in azzurro o in giallo.

Trama: cotone bianco, due passaggi ogni fila di nodi. Seta negli esemplari fini.

Vello: lana, rasatura medio-bassa, o seta.

Nodo: asimmetrico aperto a sinistra, può raggiungere i 2000 n al dmq negli esemplari in lana.

Le oasi sono vaste estensioni fertili dove sorgono numerosi villaggi; è altamente improbabile che si possa giungere ad un’ulteriore suddivisione all’interno delle oasi stesse.

Inoltre, quasi certamente tappeti venivano annodati in altre città del Turkestan orientale, quali Turfan, Aksu, Kutcha e Kokand, ma l’attribuzione a una di queste località di quegli esemplari che non presentano le tipiche caratteristiche strutturali e stilistiche dei centri maggiori è al momento impresa aleatoria.

Le basi dell’attuale classificazione dei tappeti del Turkestan orientale in Khotan, Yarkand e Kashgar sono state gettate dalla prima rassegna sull’argomento ad opera del diplomatico-collezionista Hans Bidder (Carpets from Eastern Turkestan. Zwemmer, London, 1964), successivamente affinata ad opera di altri studiosi.

Attualmente la bibliografia è piuttosto omogenea nel proporre i criteri di classificazione dei tappeti prodotti nelle diverse oasi.

Il problema di base è che lo stesso Bidder, che pur avendo a lungo vissuto in Cina mai si recò nel Turkestan orientale, classificò i “Samarkanda” della sua collezione col nome fornitogli dai dealers. E solo retrospettivamente è stata descritta la struttura dei manufatti evidenziandone i comuni denominatori che potevano generare una classificazione.

Noi non abbiamo quindi fonti di prima mano sulla produzione antica delle oasi e sulle caratteristiche di essa. Anzi: i viaggiatori-studiosi che hanno visitato la regione anche in tempi recenti hanno riferito che nei bazar e negozi di Kashgar e Khotan si vendono tappeti per nessuno dei quali è indicata un’origine locale. YarkandKhotan si dimostrò ancora più povera e vi era quasi impossibile trovar traccia di tappeti. I negozianti poterono precisare che in passato alcuni commercianti di avevano effettivamente commissionato dei tappeti a Yarkand, ma che questo flusso era stato interrotto.

Vi sono anche alcune manifatture, a Kashgar, Khotan e in un certo numero di cittadine alla periferia del deserto del Takla Makan, che producono per conto di agenzie governative esemplari con decori che nulla hanno a che fare con la tradizione cinese e del Turkestan.

 

 

Negozio di tappeti nello Xinjiang. Non si vede alcun esemplare con decoro tradizionale locale.

 

Nell’oasi Khotan c’è una fiorente coltivazione di bachi da seta, e tuttora vengono prodotti tappeti in seta.

Anzi, nel negozio all’interno del museo di Urumchi vengono venduti esemplari in seta broccati con fili di metallo annodati su telai domestici.

In definitiva, sulla base delle affermazioni dei commercianti locali, parrebbe che la quasi totalità dei tappeti prodotti nel Xinjiang provenga dall’oasi di Khotan, ciò che forse avvenne anche per i tappeti del XIX secolo tradizionalmente attribuiti alle altre cittadine.

Riferimenti bibliografici:

Eskenazi JJ. Il tappeto orientale. Allemandi, 1987.

Justin V. Walking to eastern Turkestan. In: Oriental Rug Review, 1994; 14/5.

König H. I tappeti del Turkestan orientale. In: Sovrani tappeti. Skira, 1999.

Milanesi E. Tappeti. Mondadori, 1998.

O’Bannon G. Rugs of east Turkestan: Khotan, Yarkand or Kashgar? In: Oriental Rug Review 1991; 11/6.

Sabahi T. L’arte del tappeto d’oriente. Electa, 2007.

Walter C. An ancient carpet in Urumchi. In: Oriental Rug Review, 1988; 8/2.

Wild T. The hunt for rare carpets. In: Hali 2008; 157.

 

 
I Tappeti del Turkestan Orientale (1° parte) Stampa E-mail

 

(fonte tappetimagazine.blogspot.com e per gentile concessione di A. de Reviziis e Paolo)

Turkestan letteralmente significa «Terra dei Turchi», ed è una regione dell'Asia centrale, generalmente abitata da popoli turchi. Turchi Oghuz (noti anche come Turkmeni), Uzbeki, Kazaki, Cazari, Kirghisi e Uiguri sono solo alcuni dei ceppi turchi della regione. Questa grande terra turcomanna si suddivide in Turkestan occidentale e Regione Autonoma dello Xinjiang Uyghur (nota anche come Turkestan orientale o "Uyghuristan"), in Cina.

 

 

 

 

Tappa obbligata lungo la via della seta che per duemila anni ha visto scorrere con le carovane di cammelli il commercio fra Oriente e Occidente il Turkestan Orientale ha vissuto vicende storiche piuttosto complesse, ma se l'influenza cinese iniziò a farsi sentire già prima dell'età cristiana favorendo persino l'introduzione del buddismo, il pattern iconografico della realtà tessile del Turkestan orientale è sempre stato originario degli sciti e solo successivamente è stato condizionato dall'influsso delle culture con cui le popolazioni dell'area venivano a contatto attraverso le invasioni e i viaggi delle carovane.

Svariati reperti rinvenuti in tempi recenti grazie alle numerose campagne archeologiche hanno dimostrato come i tappeti del Turkestan orientale avessero una chiara connotazione iconografica propria e non di importazione o di influenza cinese. Le pitture della dinastia cinese Sung confermano questa tesi, con le precise raffigurazioni di tappeti geometrici di chiaro stile turcomanno e turco ma dai colori molto tenui (forse è questo il vero ed insospettato anello di congiunzione (fino ad ora considerato "mancante") tra gli annodati cinesi e quelli turcomanni.

Le scarse informazioni sui tappeti cinesi e i limitati reperti, non riescono infatti a delineare una soddisfacente e chiara evoluzione dello sviluppo del tappeto in Cina, ed è lecito pensare che furono proprio i popoli barbari del Turkestan orientale e i mongoli di Gengis khan a far conoscere ai cinesi l'arte del tappeto. Quando Padre Gerbillon missionario gesuita raccontò di un loro viaggio fatto nel 1683 in Cina, vennero per la prima volta forniti dati precisi sulla produzione dei tappeti a Ning-hsia. "Come i nostri tappeti turchi" aveva descritto i tappeti mostrati dall'imperatore K'ang-hsi. Anche se nei documenti il gesuita non ha descritto i motivi dei tappeti visti alla corte dell'imperatore, è plausbile pensare che quel "come i nostri tappeti turchi" volesse significare non solo il metodo di realizzazione, ma anche colori e decori.

 

 

I tappeti annodati nel Turkestan orientale (l’odierno Xinjiang) sono noti in Occidente anche come “Samarkanda”. In realtà Samarkanda, nell’attuale Uzbekistan, era il centro di raccolta per gli esemplari destinati ai mercati più occidentali. Il nome attecchì forse perchè non era chiara la provenienza di questi tappeti o forse perchè evocava lontane e fiabesche atmosfere.

Da ricordare che gli esemplari diretti al mercato cinese sono detti Gansu (o Kansu), dall’omonima provincia confinante con lo Xinjiang.

Attraversata dall’antichissima Via della Seta, collegamento fra Oriente e Occidente, la regione ha subito le più diverse influenze culturali, che si ritrovano rappresentate sui tappeti ivi prodotti.

Il decoro più diffuso nei tappeti del Turkestan orientale è senz’altro quello a medaglioni, particolarmente tra quelli annodati nell’oasi di Khotan. Più frequenti un unico medaglione centrale o tre medaglioni sovrapposti, ma sono noti anche esemplari con otto o dieci medaglioni. Quando sono presenti più medaglioni questi sono simili per forma e dimensione, ma possono presentare variazioni dei motivi rappresentati all’interno e del colore. Il medaglione tondeggiante viene chiamato “luna” (ay gul) dagli annodatori locali.

a lato Yarkand

Questo tipo di decoro è ispirato all’arte religiosa buddhista: nel classico decoro a tre medaglioni quello centrale rappresenterebbe il Buddha e quelli distali i due discepoli (bodhisattva).

 

 

 

 

Un altro motivo ricorrente nella produzione del Turkestan orientale è un gul quadrangolare, di forte l’influenza turkmena, contenente una rosetta stilizzata incorniciata da un contorno uncinato, ripetuto in file verticali per tutto il campo. Il decoro a gul si ritrova particolarmente nei tappeti di Yarkand e in misura minore in quelli di Kashgar e Khotan.
Non mancano poi manufatti con gul squisitamente turkmeni.

A Lato (Khotan, circa 1900)

 

Tra i disegni ispirati al repertorio decorativo persiano è particolarmente frequente l’adattamento del motivo herati, talvolta sviluppato in motivo locale detto “cinque boccioli” dal modo in cui i fiori sono raggruppati. Questo impianto iconografico è spesso proposto nei tappeti di Khotan.

Sotto (Khotan, fine '800)

 

 

In alto Khotan antico
 

 

Tra i motivi di influenza cinese c’è un decoro a grata costituito dal ripetersi di quadrati formati da quattro “parentesi”, che appare abbastanza frequentemente nella produzione di Khotan e che sarebbe originario di Ning Xia.

   

Sempre nei Khotan è talvolta osservabile un disegno a piccoli anelli che si ritrova spesso nei tappeti di Gansu.

A Lato (Khotan, primi '900)

Uno dei disegni più tipici dei tappeti del Turkestan orientale è senz’altro quello “a melograno”, particolarmente legato all’oasi di Yarkand, ma largamente impiegato anche altrove. Nei manufatti di Kashgar il disegno si ammorbidisce con tratti maggiormente curvilinei che gli conferiscono una particolare eleganza.

 

 

 
Gli alberi di melograno sono solitamente due per ciascuna testata, ma si possono trovare esemplari con un solo albero in posizione centrale oppure più alberi disposti in colonne affiancate.

A Lato (Khotan primi '800, da: metmuseum.org)

 

Un altro classico della regione sono i tappeti da preghiera, talvolta a nicchia singola, ma più frequentemente decorati con nicchie multiple, i cosiddetti saf; questi ultimi adatti all’adempimento del precetto islamico in ambito familiare o nei luoghi di culto.

 

(Yarkand, seta, XVIII sec.)

E non mancano tappeti con decori di origine occidentale (gol farangh), usualmente realizzati su commissione.

Un cenno infine ai tappeti figurati. Nel XVIII secolo il Turkestan orientale fu annesso alla Cina, diventando l’attuale provincia dello Xinjiang. Elementi della cultura cinese iniziarono ad entrare nell’arte locale, in particolar modo raffigurazioni naturalistiche, che furono interpretate secondo la sensibilità locale fino a diventare un elemento autonomo.

I tappeti in questione riproducono figure animali e sfondi paesaggistici, talvolta riprodotti realisticamente e talvolta notevolmente stilizzati, e motivi ispirati alle fiabe o alla tradizione.

(Khotan, XX sec., da: rugreview.com)

 

(Khotan, primi '900)

 

(Khotan, 1930)

 

 

 
Le date nei tappeti Stampa E-mail

 

L'età di un tappeto è una delle componenti cardine atte ad identificarne anche la rarità e, in sintesi, la qualità. Spesso i tappeti presentano al loro interno una data, o comunque dei numeri, che in molti casi, ma non sempre, indicano proprio la data di esecuzione del manufatto.

La datazione dei tappeti viene quasi sempre indicata con cifre arabiche (ma in alcuni casi a caratteri latini) e, contrariamente al verso della scrittura, queste vengono generalmente redatte da sinistra verso destra. In particolare, mentre nei tappeti caucasici, turchi, indiani, viene quasi sempre rispettato il verso "occidentale" della scrittura, in alcuni tappeti persiani, i numeri vengono riportati seguendo l'andamento della scrittura e cioè da destra verso sinistra. Per ragioni estetiche inoltre, a volte le date vengono ripetute in modo "riflesso" e simmetrico.

 

 

I numeri arabi "o indiani" e l'equivalente in cifre latine.

 

Appare chiaro quindi che, la data in se stessa, non può essere indice univoco per la corretta interpretazione dell'epoca del tappeto, in quanto vi sono molti parametri che possono ingenerare confusione. Esiste infatti la possibilità che venga omessa la prima cifra della data (l'uno delle migliaia), o che la stessa sia scritta nel senso contrario; c'è chi annoda dei numeri che pur assimilabili ad una data, vengono inseriti  solo perchè beneauguranti o, nella peggiore delle ipotesi, tutta la zona in cui sono annodate le cifre della "data", sia il frutto di un "restauro" eseguito ad arte, tendente a "invecchiare" artificialmente un manufatto.

Determinare quindi l'età di un tappeto, significa raccogliere e giudicare equamente tutte le caratteristiche note: la provenienza, il disegno, il tipo e la tonalità dei colori usati, la struttura dell'annodatura e la qualità della lana, cotone o seta, usati. Il "primo acchito", o uno sguardo superficiale, possono facilmente trarre in inganno, in quanto non è difficile trovarsi di fronte a tappeti antichi ben conservati, che sembrano appena usciti dal telaio o, al contrario, a buone imitazioni, invecchiate con gli espedienti più originali e fantasiosi.

Ma, ritornando ai tappeti "datati", che rappresentano comunque una scarsa minoranza nel panorama dei tappeti orientali, proviamo dare la giusta interpretazione a quello che di solito si riesce a vedere....

Va innanzitutto detto che siccome i tappeti venivano annodati per la maggior parte da popolazioni musulmane, le date si riferiscono al calendario islamico, che tiene conto dell'anno dell'Egira, il 622 dopo Cristo, anno nel quale Maometto fuggì dalla Mecca a Medina e che, siccome tale calendario è basato sulle fasi lunari e non su quelle solari come quello gregoriano, ogni singolo anno ha 11 giorni meno del nostro (all'incirca 1/33,7 in meno).

Va da se che per eseguire una corretta conversione, bisogna leggere la data islamica, calcolarne il 33esimo,7, sottrarlo alla data stessa, e aggiungere quindi 622 (che è l'anno di partenza di quel calendario).

Data ad esempio una iscrizione riportante il 1298 avremo:

1298 / 33,7 = 38,52

1298 - 39 = 1259

1259 + 622 = 1881

Per semplicità, almeno per quello che riguarda le date comprese tra il 1870 ed il 1920 (che sono poi la maggioranza dei tappeti datati attualmente in commercio) si usa evitare questo macchinoso calcolo e, semplicemente, aggiungere il numero 582 alla data iscritta nel tappeto. Lo scarto infatti risulta essere inferiore ad un anno.

La domanda seguente a questo punto è stabilire come e quando sia possibile catalogare un tappeto tra i tappeti nuovi, vecchi o antichi. Non esistono a tale scopo tabelle universalmente riconosciute e "scientifiche" ma, in ambito commerciale, si è dimostrata altamente utile e "corretta", la classificazione secondo la quale i manufatti che abbiano superato i 100 anni siano da considerare antichi, quelli in un'età compresa tra i 50 e i 100 anni, vecchi, e i più recenti, seminuovi (tra i 25 e i 50 anni) e nuovi quelli con meno di 25 anni.

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