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Simboli del Mondo Vegetale

L'arabesco

 

L'arabesco è il motivo vegetale principe nella decorazione dei tappeti e una delle invenzioni più originali della cultura artistica islamica. La sua forma è tipicamente floreale e non sottintende una particolare specie botanica ma, nella sua essenza di schema ripetibile all'infinito, piuttosto simboleggia il duplice aspetto (astratto e concreto) dello spirito dell'artista musulmano.

 

L'albero della Vita

Nel patrimonio simbolico dei tappeti d'Oriente un grande spazio è riservato anche alla celebrazione del mondo vegetale, attraverso la frequente riproduzione dell'albero della vita (a destra nelle sue varie forme stilizzate). E' facile comprendere l'importanza di questo motivo se si considera che molti popoli asiatici, secoli e secoli fa, conducevano la loro esistenza nomade peregrinando in terre aride e desertiche, dove la presenza della vegetazione nelle rare oasi significava la possibilità di trovare la preziosissima acqua, elemento indispensabile per la sopravvivenza.

Proprio da ciò è scaturita l'immagine che lega strettamente l'albero alla vita stessa, e ogni pianta viene concepita come un elemento in grado di collegare le tre parti principali che costituiscono l'universo:

il sottosuolo, dominato da forze magiche, dove si insinuano le radici;

la superficie della terra, regno degli uomini, dove il fusto cresce e si sviluppa;

il cielo, luogo del divino, verso il quale si protendono le chiome.

L'idealizzazione di un'agognata natura rigogliosa passò successivamente alla predicazione islamica, che non a caso concepisce il paradiso come una sorta di lussureggiante Eden.

Questa concezione incide profondamente sull'iconografia dei tappeti persiani detti a giardino, poiché riproducono fiori variopinti e alberi verdeggianti sui quali spesso si posano piumati uccelli solari beneaguranti.

Nei manufatti dall'insieme decorativo geometrico si preferisce rappresentare l'albero della vita attraverso il simbolo astratto dell'ancora, dal profilo simile a quello di una freccia.

Una variazione sullo stesso tema è rappresentata dall'emblema dell'albero vagh-vagh, molto ricorrente sia sui manufatti dell'età safavide che su quelli dell'India moghul. Dai suoi rami pendono teste con bocche spalancate che sembrano prorompere in urli per simboleggiare la forza vitalistica della natura.

Antichissimo è anche il motivo dell'albero affiancato da due uccelli che si fronteggiano, di cui abbiamo la prima famosa rappresentazione sul celebre tappeto di Marby (a sinistra), realizzato secondo accreditate ipotesi in Anatolia nel XV secolo. L'origine di tale emblema ancora una volta va ricercata nel culto mazdeista, e per questo fu molto riprodotto dall'arte sasanide. Nel disegno si vuole celebrare il rigoglio della vegetazione, poiché in questo caso gli uccelli corrispondono ad amuleti della pioggia che, portando l'acqua, rendono possibile la vita dell'albero. 

Il successivo avvento dell'Islam riprese ed elaborò tale simbolo, trasformandolo nel decoro chiamato Zeilli Sultan (anche detto del vaso zampillante), molto ricorrente in tanti tappeti floreali.
All'albero originale si sostituì un ricco vaso di fiori affiancato ai lati da due usignoli (a destra).
L'immagine conobbe poi una grande diffusione nel mondo orientale, al punto da ritornare anche come metafora in molti componimenti poetici persiani per celebrare il delicato amore tra un uomo e una donna, paragonati appunto ai fiori e all'usignolo.

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Il Melograno

E' uno degli alberi più riprodotti sui tappeti orientali, e anche l'unico simbolo che ha conosciuto un'ampia diffusione in tutta l'Asia, tanto che lo si ritrova sia nell'iconografia islamica, sia in quella cinese. La sua origine, risalente almeno.al terzo millennio A.C., come dimostrano ritrovamenti archeologici a Susa e in Lorestan, va ricercata nei territori dell'antica Mesopotamia e del sud della Persia; successivamente giunse in Cina, forse attraverso la Via della seta.

La mitizzazione simbolica del melograno nacque probabilmente dal fatto che la pianta richiede pochissima acqua e cresce su ogni tipo di terreno, quasi a costituire una specie di miracolo e di dono della natura in terre aride e brulle. Lo stesso frutto, con i suoi chicchi dolci e succulenti, sembra di per sé incarnare l'emblema della prosperità: non per niente divenne simbolo di ricchezza e fertilità.

Molto diffuso e rappresentato nel periodo sasanide, utilizzato fra l'altro nel culto di Zoroastro anche come immagine del sole, in Persia il melograno divenne poi uno dei motivi più ricorrenti e amati dai Safavidi. Con sorprendente frequenza essi lo fecero riprodurre sui loro celebri tappeti, come tuttora si può verificare osservando uno dei più famosi esemplari conservati al Victoria and Albert Museum di Londra, che con bizzarra innovazione riproduce il frutto spaccato, in cui si distinguono i chicchi colorati.

L'idea conobbe un notevole successo, e un'ulteriore elaborazione di questa tipologia iconografica diede luogo al disegno denominato fiore a scacchiera, in cui i semi del frutto vengono rappresentati in modo piuttosto geometrico, come ordinate maglie ortogonali. I Safavidi fecero anche realizzare sui loro tappeti i fiori dell'albero e non a caso tale motivo è tuttora chiamato fiore Shah Abbasi dal nome di uno dei sovrani più importanti della potente dinastia.

Per portare variazioni a questo unico decoro si rappresentarono anche corolle a petali semichiusi, oppure si celebrò l'importanza dell'albero di melograno riproducendolo interamente, per far pendere dai suoi rami i saporiti e ricchi frutti.

La centralità di tale motivo simbolico, in tutte le sue forme rappresentative, è tuttora confermata nelle principali produzioni persiane. Insieme all'albero della vita, è indubbiamente il motivo d'origine vegetale più ricorrente sui tappeti di Kashan, Kirman, Tabriz, Isfahan.

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Altri simboli vegetali

In generale, comunque, nella simbologia dei tappeti è riservato un grande spazio alla celebrazione della natura, esaltata innanzi tutto nelle forme vegetali, anche perché si tende a concepire il rigoglio delle piante come la migliore manifestazione di una positiva forza biologica che regola il cosmo.

Da ciò è scaturita una vera e propria sinfonia di fiori, celebrati spesso anche per ricordare il succedersi delle stagioni.

Il fior di loto, sacro ai Buddisti, in grado di crescere anche su terreni fangosi senza perdere il candore della sua corolla, è l'emblema della purezza e dell'estate, mentre il narciso, che fiorisce nel periodo del capodanno cinese, è archetipo del buon augurio e dell'inverno. Il fiore di pesco, emblema della primavera, è il simbolo della vita che si rigenera; il crisantemo, fiore dell'autunno, rappresenta la perseveranza e la longevità, poiché resiste ai primi rigori del freddo.
Con una sensibilità attenta a recepire ogni significato iconografico, attraverso i fiori si vuole tramandare anche il trascorrere delle ore di una giornata, rappresentando alternativamente le corolle con petali schiusi, aperti o sfioriti. L'intero anno è raffigurato invece ponendo in successione i singoli fiori-archetipo delle quattro stagioni.

Ma la celebrazione del mondo vegetale non si limita a queste immagini:

Le peonie, ad esempio, tramandano il concetto di un'agiatezza onesta e rispettabile, mentre il pruno, capace di resistere al gelo più intenso, insegna la forza e la tenacia. Il bambù, flessuoso e spontaneo, celebra il coraggio di fronte alle avversità, la longevità e l'umiltà.

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